Sanremo, il film.

Di recente, al Cinema Visionario di Udine, ho assistito alla proiezione della versione italiana del film “Sanremo”, diretto dal regista bosniaco Miroslav Mandic, e interpretato da Sandi Pavlin nel ruolo di Bruno (protagonista maschile), e da Silva Cusin nel ruolo di Duša (protagonista femminile). Entrambi anziani, sono ospiti di una casa di riposo, e alternano momenti di lucidità, alle tenebre profonde della loro normalità. Ricordano Sanremo del 1964 e la canzone di Gigliola Cinquetti “Non ho l’età”, ma non hanno memoria dei fatti più recenti.

La scena iniziale del film con uno sfondo piuttosto nebbioso (probabilmente come la mente del protagonista), nonostante la giornata soleggiata, presenta Bruno che, scappato dalla struttura ospitante, chiede un passaggio per ritornare a casa dalla moglie (morta anni prima), e per sfamare il suo cane (anche lui morto da diverso tempo). Successivamente, riportato nella casa di riposo, Bruno vede Duša e i due iniziano a frequentarsi. Fanno colazione assieme con una sorta di rituale da parte di Duša per i piattini, la caraffa,  il pane, il burro, il coltello e tutto il resto, giocano a palla, e si dedicano a altre attività trascorrendo le giornate sempre allo stesso modo.

Bella e significativa la frase di Duša “Ci alziamo la mattina e ricominciamo tutto daccapo". Del resto che è la vita, se non alzarsi alla mattina ricominciando tutto daccapo?

Mentre guardavo il film, mi sono ritornati in mente i miei sogni e il mio entusiasmo da ragazzo, e la maestra Fabbro Erna che in prima elementare ci chiese quanti anni avremmo avuto nel duemila. Quarantuno dissi allora, e oggi li ho passati già da un pezzo, e mi sono alzato alla mattina, ricominciando tutto daccapo, oramai molte volte.

Il film mi ha colpito in modo particolare perché, forse, nei primi piani al volto di Bruno, e sul suo smarrimento nella scena finale, rivedo un po’ me stesso o quello che sarò, o potrei essere, tra qualche anno. Un’ottima recensione a “Sanremo” la potete trovare qua: Sanremo, la recensione, ciò che ho scritto sono le sensazioni che ho provato vedendo il film.

Sanremo è un film piuttosto particolare, diretto e interpretato in modo magistrale. L’unico difetto, forse, è quello che porta alcuni spettatori a immedesimarsi nel ruolo dei protagonisti lasciandogli l’amaro in bocca. Un film che, secondo me, andrebbe visto. 

Stamattina, non so per quale strano meccanismo mentale, mi sono alzato e ripensando alle scene di Sanremo, mi sia tornata in mente la scena finale di “Full Metal Jacket”, e mi sia messo a cantare "Topolin".  Forse “Sono vivo e non ho più paura”.

 


Saluti
Mstatus

United (Socialist) States of America

Fabio Scacciavillani, ospite della Fondazione Einaudi, dipinge un quadro incontestabilmente inquietante della deriva ideologica di una considerevole parte politica degli USA che rischia di arrivare alle leve del potere economico finanziario.

Parole su cui occorre riflettere per comprendere meglio che tipo di futuro si prospetta nell'intero Occidente.

La "banalità del male" a Pavia?

(qui link alla notizia: la Repubblica)


Per ora è solo una frase buttata lì. Tra qualche tempo, con l'aggravarsi della pandemia e soprattutto con l'arrivo della depressione economica, gli anziani saranno il capro espiatorio

Ultimamente ho notato che questo è un pensiero che inizia a diffondersi. Mi è capitato di sentire commenti in tal senso persino in alcune comunità presunte illuminate e superiori. Tra l'altro, prima degli ultimi dpcm (sigla che porta alla mente il sesso anale senza burro), si ipotizzava di ghettizzare gli anziani, cosa poi accantonata perché pareva brutto.

In passato, dopo la depressione del 1929, in Germania passò il concetto che la causa di tutti i mali fosse degli ebrei, e l'opinione pubblica, pur non palesandolo, inconsciamente lo accettò. Secondo la Arendt il "Male è banale". Tutti possiamo compiere atti di estrema ferocia e, secondo me, per primi quelli che ora dicono "Io? Mai!". 

Un carissimo amico mi riprende spesso sul fatto che io sia d'accordo con la Arendt sulla "banalità del Male". Per lui il Male è ontologico. Alla fine che il Male sia banale o ontologico, come mi ha fatto presente un altro carissimo amico, per il malcapitato è del tutto indifferente dato che in entrambi i casi riceve un biglietto di sola andata per l'inferno.

Saluti
Mstatus