Confederazione di Stati Europei, ovvero Europa delle Patrie con moneta comune

Questo articolo è l'unione di diversi commenti dell'utente Disqus Firmato Winston Diaz. I commenti di riferimento si possono trovare qui: BTP Italia, gli italiani hanno votato (per l'euro)

Confederazione di Stati Europei, ovvero Europa delle Patrie con moneta comune

La vera questione infatti e': ma quali patrie? In quale superstato? Con quali prerogative reciproche?

L'europa attuale e' composta sia da piccoli stati omogenei approssimativamente coincidenti con le rispettive nazioni di pochi milioni di abitanti, che da grandi stati composti da piu' nazioni al loro interno, di decine di milioni di abitanti. L'italia, la spagna, la germania, l'inghilterra e la francia fanno senza dubbio parte del secondo gruppo.

Credo non sia necessario un gran genio politico per rendersi conto che il futuro d'europa si gioca sul nuovo assetto che dovranno assumere i grandi stati multi-nazionali suddetti, sostanzialmente sciogliendosi per far confluire le loro componenti nazionali nel nuovo superstato confederale europeo, superstato nel senso di privo di barriere alla circolazione nel suo interno.

L'italia multinazionale delle leghe delle origini, degli anni '80 e '90, aveva un minimo presente il problema, pur essendo totalmente priva di un personale politico-culturale all'altezza della sfida, mentre quella attuale di salvini non solo non sa nemmeno di cosa si stia parlando, ma sta istigando al ritorno di un nazionalismo risorgimentale ottocentesco fuori da ogni logica moderna che, se la gente non si sveglia in tempo, sara' distruttivo per l'europa come le due guerre mondiali, anzi rappresentera' il loro definitivo compimento.

Hint: al centro d'europa c'e' uno staterello nel quale convivono con grande successo tre delle piu' attaccabrighe etnie del mondo, i francesi, i tedeschi e gli italiani, staterello che copio' la propria costituzione da quella confederale americana di prima della guerra civile.

Per fare uno Stato servono solo tre cose in comune: moneta, esercito e politica estera, in cui l'esercito non va confuso con la polizia (di questi tempi bisogna specificare tutto e ancora non basta...), esso serve a difendere dall'esterno, non a reprimere all'interno come si intende di norma nelle societa' arretrate e tendenzialmente militar-dittatoriali di stampo mediterraneo e latino-americano (ma su questo punto ad est non scherzano, sono anche peggio, in occidente chiamiamo, o meglio chiamavamo "satrapie orientali" quei posti dove il potere non ha severi limiti di imposizione nei confronti dell'individuo).

Non dimentichiamo che i quattro paesi piu' poveri e civilmente arretrati e disastrati d'occidente, grecia, portogallo, spagna e italia, sono famosi o per aver inventato il fascismo o per averlo praticato piu' a lungo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Dove il nome stesso, fascismo, sta ad indicare che l'individuo non conta nulla, o conta poco, rispetto al gruppo, che sia inteso come stato, nazione o razza poco cambia.

Immagine da: Linkiesta

Il problema e ostacolo serissimo e' che colui che crede di essere cittadino ma in realta' e' suddito degli attuali superstati nazionali europei, teme di perdere ogni forma di garanzia, di protezione e di assistenza una volta che il suo superstato attuale sia venuto meno, mentre naturalmente l'attuale politica che rappresenta tale potere sta giocandosi tutte la carte possibili, lecite e illecite, oneste e disoneste, per instillare questo terrore: questo succede in maggior misura soprattutto proprio con l'attuale classe politica italiana, col suo fomentare piu' che puo' il complottismo e il pensiero magico, per proporsi a salvatrice.

Il solito giocare agli apprendisti stregoni, che porta sempre male, malissimo...

D'altra parte l'europa attuale invece di difendere il cittadino europeo dai soprusi dei rispettivi stati occhiutissimi e superingerenti, finisce per essere loro strumento e fornire ad essi un comodissimo capro espiatorio, tendendo a proporsi, e ad essere percepita, come ulteriore tiranno ed esattore invece che garante di liberta'.

Il difetto dell'europa attuale e' che e' un'europa a garanzia dei superstati, non un'europa a garanzia dei cittadini, e sara' per forza cosi' finche' a dirigerla saranno le espressioni dei governi degli attuali stati nazionali (la commissione e l'eurogruppo, nota bene espressione dei governi, non dei parlamenti), che oltretutto la usano per scaricare su di essa responsabilita' che in realta' sono dei governi nazionali. E il cittadino italiano ci casca orgoglionamente con tutte e due le gambe.

la questione dell'autonomismo europeista catalano, sul quale gli stati nazionali ottocenteschi e la UE che li rappresenta hanno mostrato appieno il loro volto quantomeno inattuale, quello del Re di Spagna in alta uniforme militare a minacciare repressione poliziesca a reti unificate, perdendo cosi' un'occasione capitale per deviare dal sentiero di decadenza in cui ci siamo incamminati. Il comportamento della UE in quella occasione e' stato GRAVISSIMO, di fatto ha disconosciuto la cittadinanza europea dei cittadini catalani sostenendo inoltre il giogo del governo centrale spagnolo, che non dimentichiamo ha disposto grillescamente l'arresto di politici regolarmente eletti per questioni squisitamente politiche senza neppure mettere minimamente in discussione la questione, un fatto di una gravita' senza pari. Ma questo accade appunto perche' la UE e' un supergoverno simil-monarchico e assolutistico a garanzia di stati nazionali ad impianto ottocentesco, non dei cittadini europei.

E pensare che in italia, a suo tempo, abbiamo votato e sostenuto la UE nel tentativo di emanciparci dal giogo oppressivo dello stato centralistico italiano...

Ma adesso il nostro problema politico principale sono i due partiti di governo dei quali uno e' espressione di un giustizialismo cieco che riesce ad essere un miscuglio impossibile di ancient regime e robespierrismo condito di un'ignoranza abissale e superstiziosa in qualsiasi campo, mentre l'altro e' espressione dell'arroganza del suo leader priva di ogni contenuto politico che vada oltre il suo arrivismo, e che ha fatto deleteriamente sfociare l'originario autonomismo regionale in un reazionario nazionalismo patriottico ottocentesco romanocentrico, si' da attrarre i voti della frange piu' retrograde e nostalgiche del paese, a qualsiasi costo.

Patetici entrambi, ma soprattutto espressione di una cittadinanza in via di estinzione decerebrata, nella quale sembra rimanere, ai fini della propria identificazione e amor proprio, solo un indifferenziato e sempre piu' forte sentimento di odio e rivalsa contro tutto e tutti. Stanno giocando col fuoco, stanno evocando spiriti dormienti, e sono abbastanza ambiziosi e stupidi da non rendersene conto.

I 5stelle sinceramente mi sembrano da sempre il prototipo di tale deriva, quindi tutto il contrario della (mia) speranza nel futuro. Finora hanno occultato questa loro tendenza (ma solo ai piu' ingenui) puntando il dito accusatorio sugli altri: ma questa e' la tecnica del capro espiatorio piu' tipica e antica del mondo, che consiste nel distogliere l'attenzione da se stessi accusando gli altri. Fra l'altro, le piu' fastidiose intromissioni autoritario-centralistiche europee sono quelle di stampo ecologistico e perfezionistico, di cui i 5stelle sono gli eredi politici in senso anche li' peggiorativo. Vaben tutto ma personaggi come il povero, colto e sensibilissimo Langer, o Messner, ne sono l'estrema antitesi. Grillo si e' costruito la fama, e il partito, sommergendo di merda tutto e tutti per presentarsi, lui e i suoi scagnozzi, come Il Salvatore. Regneranno, se regneranno, su una montagna di merda.

Saluti
Staff

La storia della nave maledetta russa e vari casi di infestazione diabolica

Dopo aver dato qualche occhiata a quanto raccontano le cronache a proposito della nave mercantile russa Ivan Vassili dei primi anni del novecento e dopo essermi documentato su diversi casi di infestazioni diaboliche, sono giunto alla conclusione che Satana, il Nemico per eccellenza, è da sempre all’opera per distruggere la vita dell’uomo.

La storia della nave in oggetto è davvero un caso tipico di presenza diabolica: si narra che dopo il suo varo ufficiale essa intraprese diverse traversate commerciali e a un certo punto i marinai imbarcati cominciarono a sentire nitidamente la presenza di “qualcosa” di assai conturbante all’interno dell’imbarcazione. Dapprima si trattò solo di una specie di percezione sinistra, poi via via questa divenne certezza assoluta e difatti a poco a poco diversi marinai accusarono stati di ansia e di panico irrefrenabile per cui erano soggetti ad una paura paralizzante, quasi che fossero in balia di qualcosa di soprannaturale che spegnesse per sempre ogni loro speranza nel mondo normale da cui erano partiti. Diversi di loro persero la vita buttandosi in mare o suicidandosi in preda ad attacchi forsennati di panico e non mancò qualcuno che asserì di aver nitidamente percepito, se non visto coi propri occhi, la sagoma oscura di un’entità maligna che a quanto sembra aveva preso possesso della grossa nave da trasporto. Finì che alla fine morirono decine di marinai e i rimanenti, non appena l’imbarcazione attraccò definitivamente in un porto non ricordo se della Cina o della Siberia orientale, se la diedero letteralmente a gambe lasciandola praticamente abbandonata a se stessa.

Sono passati ormai più di cent’anni da quegli eventi oscuri e tuttora gli specialisti non si sono messi d’accordo: fu davvero infestazione diabolica, o si trattò di una specie di panico soggettivo dovuto a cause eminentemente psicologiche? La risposta è ancora lontana, e tuttavia, se confrontiamo i sintomi di cui ci parlano le cronache con i casi più conosciuti di infestazioni demoniache, non si può tacere che ci sono molti punti in comune: intanto il problema del timor panico e quindi la necessità di evadere e scappare dalla trappola gettandosi in mare potrebbero effettivamente far pensare ad una sensazione nitida di un’entità maligna che insufflava nelle vittime uno stato di decadimento e indebolimento, oltrechè di timore parossistico, delle facoltà fisico-mentali, impedendo ai malcapitati una qualunque reazione che non fosse di fuga immediata.

Anche nei casi moderni e recenti di infestazioni demoniache esiste questa casistica che è innegabile: paura di qualcosa di maligno e quindi abbandono della partita per salvaguardare la propria pace e tranquillità d’animo….altrimenti pazzia e malattia da stress in grado di depauperare le proprie energie fino allo sfinimento e alla depressione più irrecuperabile.

In verità, lasciando stare i fatti noti e conosciuti, un giorno un mio amico mi raccontò qualcosa di simile di cui fu testimone oculare e siccome si tratta di una persona onesta e degna della massima fiducia sono portato a credergli in maniera direi piena e inequivocabile.

Immagine da www.davidingiosi.com
Il primo fatto, mi raccontò, ebbe come teatro una strada molto transitata, allorché una notte, mentre correva a cento all’ora, andò ad impattare furiosamente e tremendamente contro una macchina parcheggiata in mezzo allo scorrimento veloce, si può dire posteggiata senza alcun segnale né di pericolo né di luce. L’urto impressionante e del tutto inaspettato per poco non gli tolse la vita, anche per il fatto che indossava le cinture e l’air bag funzionò alla perfezione. Sceso mezzo tramortito e incosciente dalla macchina, vide alcuni poliziotti attorniare un uomo di circa sessant’anni. Gli si avvicinò e con dolore gli chiese come mai aveva lasciato la macchina in quel posto e in quel modo: l’altro, a sentire il mio amico, lo guardò con uno sguardo fulminante con risvolti satanici e rispose soltanto, quasi fosse incredulo che il mio amico fosse sopravvissuto all’urto, con queste semplici parole: “La macchina si è bloccata improvvisamente e non ho potuto farci niente”. Ma il suo sguardo continuava a fissarlo in maniera satanica facendolo tremare per una paura ancestrale mai provata prima di quel momento e fu a quel punto che il mio amico si convinse di avere di fronte il male personificato, qualcosa o qualcuno che aveva forse voluto di proposito tirargli quel brutto tiro per farlo soccombere non si sa per quale sinistro motivo.

L’oscuro personaggio, che il mio amico cercò in seguito per farsi raccontare com’erano andate effettivamente le cose, morì poi improvvisamente in ospedale per altre cause non riferibili all’incidente, anche perché, al momento dell’urto, lo strano figuro era sicuramente fuori dalla sua autovettura.

Il secondo caso è ancora più sinistro ed ebbe come teatro l’ufficio in cui lavorava, nel quale aveva sostenuto per qualche tempo una specie di guerra continua con alcuni colleghi che lo invidiavano e odiavano forse per la sua onestà e la sua precisione nello svolgimento delle proprie mansioni. Quando il mio conoscente capì che non poteva stare più in quel posto, cominciò a notare per qualche giorno una specie di sensazione panica, una fortissima paura di qualcuno o di qualcosa che si era impossessato di quell’ufficio allo scopo preciso o di farlo impazzire o di farlo licenziare e quindi sloggiare da quella casa teatro di quella sorta di battaglia campale tra lui e i suoi maligni colleghi.

Il mio amico fu quindi costretto a chiedere un trasferimento e da quel tempo non ebbe più a soffrire momenti simili.

Dove portano questi fatti sin qui raccontati?

Non c’è dubbio che il Male esiste: esso si sviluppa fino al parossismo allorché c’è di mezzo qualche persona in odore di onestà e santità, qualità che il Maligno odia sopra ogni altra cosa; in questo modo egli si attrezzerebbe e influenzerebbe negativamente tutti quelli che gli stanno attorno affinché si convincano del carattere nocivo della vittima e gli creino difficoltà a non finire fino allo sfinimento e alla depressione, quando non fino alla pazzia pura.

Perché questo avviene?

Perché, almeno stando a quanto precede, il Diavolo non tollera affatto che ci siano persone con un’anima immacolata, non soggetta alle sue influenze, un’anima non sua ma creata da qualcun altro, penso qui al Dio Buono dei Catari, e verso cui tende con tutte le sue forze. Questo, il Diavolo non lo sopporta, perché egli ha il dominio assoluto di questa dimensione della vita e non permette che qualcuno gli possa sfuggire facilmente…

Non so se ci siano altre spiegazioni, ma questa mi sembra la più logica e in linea anche con le mie credenze e quelle del mio amico.

Saluti
Vipom

Da Machiavelli a Sciascia: l'impossibile moralizzazione della politica

Todo modo è un romanzo dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia, pubblicato per la prima volta nel 1974.

Un pittore famoso, ateo e anticlericale ma anche disincantato e sfiduciato, segue un cartello stradale che lo ha incuriosito e raggiunge l’albergo-eremo di Zafer. Avendo saputo che stanno per sopraggiungere personaggi molto in vista per dedicare una settimana agli esercizi spirituali, decide di trattenersi a sua volta.

Ammesso alla tavola del direttore don Gaetano, in compagnia di uomini eminenti, il pittore ha modo di verificare l’intreccio perverso tra politica, alte gerarchie ecclesiastiche, potentati economici. Intanto avvengono tre omicidi e i rappresentanti della legge brancolano nel buio.

Il romanzo non è molto esteso, ma, come Il giorno della civetta, è un piccolo gioiello nella sua essenzialità: la storia avvince fino alla conclusione e i personaggi sono delineati in maniera molto efficace. Tra tutti spicca quello di don Gaetano, col suo fascino oscuro: uomo coltissimo e pragmatico, gesuita fondamentalista, egli persegue i propri obiettivi dimostrando determinazione, sangue freddo e una sottile ironia che solo le persone più intelligenti possono cogliere. Anche il pittore, che più degli altri riesce a tenere testa all’eloquenza stringente del gesuita, resta in qualche misura affascinato da lui (e viene ricambiato con una certa stima sincera). La corte di ministri, banchieri e prelati che si affollano intorno a don Gaetano appare, nel confronto, inconsistente, meschina e viziosa. Inetti ed incapaci si presentano infine i tutori della legge, tanto da apparire a tratti una (dolorosa) caricatura.


Con Todo modo (il titolo del romanzo ripete la formula di una preghiera di Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore dell’ordine dei gesuiti), lo scrittore utilizza la forma a lui congeniale del “giallo” per offrire un quadro nitidissimo dell’Italia del tempo, della corruzione dilagante e delle collusioni tra i poteri forti.

A più di un decennio da Il giorno della civetta lo scrittore appare incupito. La nota di speranza con cui si chiudeva l’altro romanzo non si ritrova in questo, dove invece sembra che non esistano uomini davvero capaci, e prima di tutto desiderosi, di contribuire in maniera attiva, onesta, responsabile e consapevole al progresso civile.

Non è evidentemente un caso che il colpevole dei delitti non venga scoperto. Rimane perfino il dubbio che i colpevoli possano essere più di uno.

Trentacinque anni dopo è inevitabile riconoscere, nella realtà italiana contemporanea, l’ulteriore degenerazione del sistema descritto da Sciascia.

Abbiamo sotto gli occhi ogni giorno, sempre più numerosi e di ogni colore politico, uomini pubblici corrotti e viziosi, per i quali la cosa pubblica è affare privato e le vicende private squallide o addirittura immorali. Il fenomeno è poi oggi ulteriormente amplificato dai mezzi di comunicazione più sofisticati, i quali svolgono un’importante funzione di informazione e di dibattito, ma più spesso pescano nel torbido per conto di una parte a danno di un’altra.

Indubbiamente il giudizio morale varia a seconda delle epoche storiche e dei luoghi. Nell’antica Grecia, ad esempio, il percorso di crescita di un giovane prevedeva anche l’unione sessuale con una persona matura: si trattava di un rito di iniziazione all’età adulta che noi oggi non esiteremmo a definire, condannandolo come uno dei delitti più luridi, pedofilia.

D’altra parte, chiunque abbia studiato un po’ di storia sa che la politica è stata spesso corrotta e che il patto di interesse tra i potentati politici ed economici è stato spesso saldissimo. Altrettanto bene sa che le più diverse Chiese hanno spesso stabilito alleanze strategiche col potere politico ed economico e offerto ottimi alibi anche alle azioni più efferate (basta pensare all’interpretazione spregiudicata degli oracoli antichi utile a scatenare faide familiari o veri e propri conflitti, per arrivare al fondamentalismo islamico passando per le Crociate cristiane in Terra Santa).

Gli intelletti più fini e sensibili hanno denunciato in ogni epoca gli abusi egoistici e violenti del potere. È inevitabile domandarsi, quindi, se davvero la “questione morale” debba rimanere estranea alla realtà della politica.

Oggi si versano fiumi di inchiostro intorno agli svaghi di Berlusconi o di Marrazzo. Nulla di particolarmente nuovo sotto il sole, dai tempi in cui durante i banchetti degli antichi signori le mogli erano escluse dal convito mentre erano ammessi in gran numero efebi e cortigiane.

Quello che conta però davvero è la questione che sta al fondo.

Io non discuto i gusti sessuali, che sono personali e legittimi finché non si commette abuso; discuto però del disprezzo dell’istituto della famiglia. In un Paese che si definisce moderno e civile, se si decide di rimanere sposati bisogna anche rispettare il vincolo della fedeltà. Può capitare di commettere un errore; perseverare però, così si dice, è diabolico.

Chi non ha rispetto della famiglia, oltre a non avere rispetto della propria dignità, non può essere un buon amministratore della cosa pubblica. La società è – mi sia concesso un paragone un po’ enfatico – come una grande famiglia; e l’uomo politico, come il genitore, dovrebbe giocare un ruolo particolarmente vigile e coscienzioso nel guidare la comunità. Il che, ripeto, non significa non commettere errori. Significa però sforzarsi seriamente di anteporre l’interesse collettivo a quello individuale, l’altruismo e la solidarietà all’egoismo. Significa anche sforzarsi di rispettare le norme che la comunità si è data. Significa certamente assumersi fino in fondo le responsabilità delle proprie scelte e del proprio operato. Chi non si impegna in questa direzione in seno alla famiglia, non credo affatto che sia capace di farlo in veste di ministro o governatore.


Lo scrittore rinascimentale Niccolò Machiavelli, nel suo celebre opuscolo De principatibus (più noto come Il Principe) composto nel 1513, partendo dal presupposto dell’innata inclinazione dell’uomo al male piuttosto che al bene, spiegava che un buon principe può anche compiere azioni comunemente definite immorali (l’inganno, l’omicidio…), purché esse abbiano come fine il benessere dello Stato.

Chi sintetizza il suo pensiero con la nota (e abusata) formula “il fine giustifica i mezzi”, esprimendo spesso anche un giudizio negativo sulle idee dello scrittore, compie senz’altro una banalizzazione, spesso anche in cattiva fede.

La politica, insegnava il Machiavelli cinquecento anni fa, è indipendente dalla morale, ma non per questo deve diventare uno strumento di egoistica affermazione personale: l’uomo politico deve restare al servizio della comunità.

Non so se sia realistico attendersi una “moralizzazione” della politica secondo (mutatis mutandis, s’intende) il modello proposto dal Machiavelli: lo stesso scrittore rinascimentale alternava un approccio più razionale e pessimistico ad uno più passionale e ottimistico. Di certo la mia passione non accetta di rassegnarsi al quadro degradato dipinto da Sciascia.
«Ma signori» disse don Gaetano al ministro e al presidente «spero non mi darete il dolore di dirmi che lo Stato c'è ancora... Alla mia età, e con tutta la fiducia che ho avuto in voi, sarebbe una rivelazione insopportabile. Stavo così tranquillo che non ci fosse più...».
Saluti
Guest Post di CuoreMagico

Appunti e curiosità sulla lingua friulana

La storia del Friuli viene inconsapevolmente narrata ogni giorno da tutti coloro che parlano la lingua friulana, specchio fedele e vivente delle vicende millenarie del popolo che l’ha inventata.

Una storia fatta di tragedie, guerre, invasioni, sangue, alluvioni, migrazioni, vissuta da un piccolo popolo collocato in una posizione fra le più scomode che si possano auspicare, nel punto di incontro, e di scontro dei popoli latini, slavi e germanici, ha lasciato tracce indelebili nella lingua friulana, che ufficialmente appartiene al complesso delle lingue derivate dal latino volgare e, tra queste, al gruppo delle celto-latine.

Gli studiosi di filologia e glottologia  hanno potuto individuare, sulla base linguistica costituita dal latino aquileiese, residui celtici, voci greche, voci germaniche (preromanze, antiche e moderne), voci slave ed un notevole apporto italo-veneto, tanto che è giusto poter dire che nella lingia friulana moderna ritroviamo il ricordo delle lingue di tutti i popoli che stettero in Friuli dalla protostoria ai giorni nostri.

Tutte le lingue presentano fenomeni di assimilazione storicamente riconducibili ad un periodo, ma nel friulano assumono estremo rilievo sia per il loro numero, sia  per la loro ricorrenza, sia, infine, per il fatto che riguardano un piccolo popolo, che è stato più oggetto che soggetto della Storia.

Si deve probabilmente fare un parallelo con la lingua inglese, per trovare altrettanti fenomeni di stratificazione e di arricchimento dovuti ad invasioni (celtica, latina, sassone e normanna), ed a una  corte che parlava il francese (quella di Aquileia parlava il tedesco), senza scordare, tuttavia, che stiamo prendendo in considerazione una delle lingue più parlate della terra, creata da un popolo che seppe conquistare il più grande impero coloniale della Storia. Non può quindi non destare sorpresa e non suscitare ammirazione il fatto che un popolo umile, numericamente poco consistente, dotato di poche risorse economiche, costretto alla diaspora, sia riuscito a conservare fino ai giorni nostri una incredibile quantità di vocaboli assimilati  nel corso dei secoli. Si può ben dire che il popolo friulano  ha compiuto, e non certo per isolamento, un vero miracolo, che non è riuscito ad altri popoli: è riuscito a preservare, forse perchè inconsciamente ritrovava se stesso ed il suo passato solo nella parlata, tutto un catino raccolto di suoni differenti, cosicchè la sua lingua assomiglia più ad una sinfonia che ad una melodia. La conservazione è dimostrata dalla quasi identità esistente  fra il friulano moderno ed il friulano di alcuni secoli fa e può psicologicamente spiegarsi assegnando alla lingua la funzione di elemento fondamentale di caratterizzazione del gruppo etnico. Essere friulani, in conclusione, ha significato per circa mille anni essere friulanofoni.


Addentrandoci più nel merito, è interessante notare come il friulano abbia saputo conservare l’esatto significato delle basi latine. Da acquariu, ad esempio, deriva il friulano agar (solco dei campi); l’italiano, dalla stessa base, ha tratto l’esito “acquaio”, corrispondente al friulano seglar. Così fructu ha dato il friulano frut (bambino) di contro al ben diverso significato italiano di frutto (di un albero, del lavoro, del sacrificio, ecc.). Cjavedal (alare) deriva da capitale, che nelle altre parlate romanze ha ssunto ben altro significato.

La presenza celtica è testimoniata da frequentissimi toponimi formati da un patronimico latino e dal suffisso celtico -acco, -icco (anticamente -aco, -ico), che trasforma il patronimico in aggettivo di proprietà, come in Rubignacco (fundus Rubiniacus, da Rubinius), Pagnacco (da Panius), Ciconicco, Martignacco, Lucinico, ecc. Di evidente celticità risultano anche alcuni nomi di luogo come Gorto (da gortu, recinto), Nimis (da nemas, bosco sacro) ecc. Anche Vendoglio ed Aquileia sono due toponimi con suffisso tipicamente celtico (-oialos ed -eia rispettivamente). Sicuramente celtiche sono, infine, le seguenti voci comunissime nel friulano moderno: bar (zolla) da barros, broili (frutteto) da brogilos; grave (ghiaia) da grava; troi (sentiero) dal vocabolo latinizzato trogium. Poche, invece, le voci greche superstiti, e fra queste la più originale e comune è uàrzine (aratro) che risale ad organon, attraverso il plurale organa inteso come femminile singolare. Si possono ricordare ancora alcuni toponimi come Basèe, Bisepente, Pasiàn (Basaglia, Basagliapenta e Basiliano), che si fanno risalire alla dominazione bizantina dopo la cacciata dei Goti, la presenza dei quali sarebbe testimoniata dal toponimo Godie (una frazione del Comune di Udine), e forse da Godo (nel territorio di Gemona). Di notevole rilievo l’eredità linguistica lasciataci dai Longobardi. Da fara (stirpe, famiglia) deriva il nome di un monte nei pressi di Maniago, Monte Fara, e Farle nei pressi di Majano; ma anche bleòn, bancje, flap, gruse, ecc. (lenzuolo, panca, floscio, crosta sulla pelle) sono certamente longobardi, e derivano dalle voci blajò, banka, flap e hrudia rispettivamente. I Franchi ci hanno lasciato asse (odio, avversione) da hatjan, trop (crocchio, gregge) da thorp, ecc. Il tedesco antico penetra nel friulano passando per la corte dei Patriarchi di Aquileia, che fu tedesca per circa tre secoli. Delle parole introdotte in quel periodo, cioè otto secoli fa, noi adoperiamo ancora cràmar (merciaio) dal tedesco Krameare, fros (stelo, filo d’erba) da Frass (mangime, foraggio), crot (rana) dal Krot (rospo), ecc. Alcune voci tedesche moderne sono state importate e friulanizzate dagli emigranti che in grande numero frequentarono le fabbriche dell’Austria e della Germania nel quarantennio precedente la prima guerra mondiale. Così chèlare deriva da Kellnerin (ragazza che serve i clienti in osteria); mismàs da Mischmasch (confusione, baldoria); sine da Schiene (rotaia), ecc.

Nutrito il parco delle voci slave. Accanto ai toponimi inconfondibilmente slavi, come Studene, Dogne, Gridiscje, Guriz, Belgrat ecc., troviamo britule, da britva (temperino), gubane connesso al verbo sloveno gubati (avvolgere o attorcigliare), save (piccolo rospo) da zaba, ecc., e molti altri di uso comune e derivati, come i precedenti, dallo sloveno.

Dati gli stretti rapporti esistenti da secoli, abbondante risulta l’importazione di parole nuove dal veneto, e in tempi più recenti, dall’italiano; si tratta di un naturale fenomeno di assorbimento determinato dalla necessità di adoperare termini tecnici sempre nuovi e in costante aumento per effetto dello sviluppo tecnologico.

La lingua friulana, intesa come il riassunto, lo specchio dell’anima di un popolo, è umile ma ricca di vocaboli semplici, dal significato preciso, concreto, poco adatta per la retorica e la filosofia: è una lingua creata da un popolo che ha sempre pagato il prezzo di una vita difficile, vissuta su una terra povera ed in posizione geopolitica sfortunata. Riassume, però, e fa rivivere in sè le tre anime dell’Europa: la latina, la slava e la germanica. E’ quindi una lingua europea non solo dal punto di vista lessicale ma anche e soprattutto sotto il profilo civile e psicologico. Il Friuli non ha mai rifiutato gli apporti di civiltà dei popoli vicini: li ha sempre assimilati, reinventati e conservati, sicchè oggi si presenta come un elemento importante di tradizione umana europea in un mondo in decadenza.

Saluti
Guest Post di FRIULanaMenteonTour

Articolo originale qui: La lingua friulana

Genova, tragedia annunciata. Di chi è la colpa?

Secondo me, la colpa è generale e datata anche se alla fine, forse, il colpevole per la caduta del ponte sarà l'ometto che andava con l'apecar a pitturare i bulloni sul ponte crollato. Da cinquant'anni il paese sta andando avanti per inerzia, e si è fatta una politica per mettere pezze sull'immediato evitando di pianificare una serie di interventi strutturali a lungo termine. Nel caso di Genova, in particolare, si è preferito optare per una sola grande arteria che conglobasse il traffico generale, compreso quello pesante, e per non scontentare gli elettori o i comitati di protesta non si è provveduto a realizzare un percorso alternativo. Inutile che si puntino il dito addosso uno all'altro.

Un po' come avviene per gli inceneritori (esempio casuale), dove tutti sanno che c'è il problema rifiuti, ma nessuno vuole un impianto di smaltimento nel proprio comune (giù proteste, comitati, ecc.). Adesso che la via non è più praticabile, si è mandato nel pallone tutto il traffico verso ovest. Tra l'altro da alcuni anni mi pare sapessero che il ponte era piuttosto ballerino, e ora in fretta e furia si farà il percorso alternativo in barba a proteste, comitati e palle varie.

Per quanto riguarda il traffico pesante si è preferito lasciarlo su ruota, rispetto ad altri paesi, evitando la ferrovia e intasando le autostrade, con relative conseguenze anche sulle strutture (esempi: vari ponti malmessi o che crollano). La logica vorrebbe che i tir salissero sui vagoni merci, percorressero il tragitto fino in prossimità del luogo di scarico delle merci, limitando il traffico su ruota alla sola percorrenza per consegna sul locale (all'estero fanno così).

Al posto di raccontare favolette, promettere mari e monti, dicano le cose come stanno e cerchino di far lavorare le cellule grigie per trovare delle soluzioni.

Foto del ponte precedente alla tragedia, scattata da un privato cittadino e fatta circolare su facebook
Un esempio stupido sull'edilizia. Si continua a costruire nuovi edifici nonostante ci siano immobili in eccesso, e non si fa un piano decennale di recupero del patrimonio edilizio esistente dove, tra l'altro, la manodopera richiede una maggiore qualificazione permettendo di far ripartire anche le scuole professionali prima che i vecchi artigiani si estinguano e non si trovi più qualcuno in grado di trasmettere gli insegnamenti.

Lasciate da parte tutte le polemiche, comitati, ecc. chi gestiva il territorio all'epoca (e anche in precedenza) ha ritenuto di tenere una unica via generale di grande traffico, compreso quello pesante (il ponte crollato), senza provvedere a realizzare un percorso alternativo al di là che si sapesse, o meno già allora che il ponte era piuttosto ballerino. Secondo me, abbiamo bisogno che la politica in generale adotti il metodo Churchill che cominci a lasciare da parte le promesse e le favolette, e dica come stanno effettivamente le cose provando a trovare delle soluzioni concrete senza timore di assecondare l'elettorato.

Saluti
Mstatus

L'incoronazione di Celestino V: il mistero del terzo quadro del prete Bérenger Saunière

L'amica Krack, che studia da diversi anni i Templari ed i loro misteri e segreti, leggendo i nostri articoli su Rennes-le-Chateau, ed in particolare sull'enigmatico Papa Celestino V famoso per la "grande rinuncia" e aver fatto come si dice "una brutta fine", ha scritto alcune riflessioni in merito a tutta l'oscura vicenda, ed in particolare in riferimento ad un presunto terzo quadro acquistato da Bérenger Saunière che Antares definisce così: "era un prete simoniaco coinvolto in mille porcherie. Tra l'altro si sospetta che fabbricasse reperti fittizi, come del resto era molto comune ai suoi tempi".


Il presunto terzo quadro acquistato da Bérenger Saunière (di Krack)

Tra i tanti misteri che impregnano l'aria di Rennes-le-Chateau vi è la figura di Celestino V anacoreta divenuto Papa, suo malgrado, il 29 agosto 1294 ucciso dopo mesi di "prigionia" il 19 maggio 1296. Per coprire l'orrendo misfatto il corpo viene gettato nel buio di un pozzo dove rimane per secoli. Questo sfortunato Pontefice compare nel presunto terzo quadro acquistato da Bérenger Saunière nel suo viaggio a Parigi: "Incoronazione di Celestino V a Collemaggio" di un anonimo del Seicento.

Il parroco si reca nella capitale francese presso San Sulpice da Emile Hoffet per farsi decifrare le famose pergamene trovate nel pilastro visigoto. Realizzata la decodificazione in una possiamo leggere la famosa frase "Pastorella nessuna tentazione che Poussin e Teniers detengono la chiave..." Per quanto riguarda le prime due citazioni riguardano come risaputo "I pastori di arcadia" di Poussin e "La tentazione di Sant'Antonio nel deserto" di Teniers.

Mentre la CHIAVE per appunto compare nelle mani di Celestino V nel misterioso quadro sopra citato tra l'altro opera è di difficile reperimento. Svolgendo un'attenta analisi iconologica del dipinto vediamo dieci figure oltre al Pontefice in numero di 5 per ogni lato. Guardando il gruppo a destra si nota nello sfondo un monaco direi benedettino, subito di fronte si trova una figura di donna vestita con abiti usati nella Firenze del 1300 e qui nasce il primo mistero in quanto la donna nel Medioevo sopratutto cattolico era considerata una figura "minore" sicuramente non degna di presenziare ad una investitura di un Papa.


Proseguendo ci sono due vescovi riconoscibili dalle vesti e dai bastoni pastorali. La quinta figura presumibilmente Dante Alighieri (recenti studi hanno confutato il fatto che Dante con una delegazione fiorentina fosse presente all'evento alla luce di quanto è emerso non sarebbe Celestino V il Papa del gran rifiuto citato nella Divina Commedia dal sommo poeta). A Destra del Pontefice dopo l'ecclesiasta c'è un gruppo di tre personaggi storici: in primo piano un re si nota dallo scettro e dalla spada Edoardo II che ha combattuto nel 1314 nella battaglia di Bannockburn contro Robert de Bruce e un manipolo di eroici templari scampati al massacro del 1307-1314.

Subito dietro Enrico VIII smagrito si disinteressa dell'evento come fa pure l'uomo dietro. Infine sull'estrema destra c'è un giovane uomo vestito con abiti di epoca romana. Ma il festival delle stranezze non finisce qua, l'ambientazione dell'opera non è sicuramente Collemaggio, basta dare un'occhiata allo sfondo del quadro, lo scranno su cui siede il Pontefice (ribadisco con una CHIAVE in mano) è volutamente dipinto fuori asse quasi a renderlo "traballante" forse una visione allegorica della Chiesa Romana. Inoltre l'Abbazia di Collemaggio di forma ottogonale (come Castel del Monte) è quasi certamente templare o comunque eseguita con le proporzioni geometriche della "spiritualizzazione della materia" introdotte in Europa nel 1200-1300 da questo ordine.

Per ultimo ho trovato delle teorie che ipotizzano verosimilmente che durante i processi inquisitori ai Templari nel 1310 furono arrestati e ferocemente torturati un manipolo di monaci-soldati proveniente da Collemaggio. Comunque sarà Clemente V, colui che ha infamato, distrutto, torturato i Templari, pochi mesi dopo "aver appiccato" il rogo che ha immolato l'ultimo Gran Maestro a canonizzare Celestino V."

Saluti
Krack

Commento di Vipom: - Ho davanti mentre scrivo una fotocopia del quadro in questione e, analizzando meglio i dettagli, al di là dell'identificazione dei personaggi sui quali non è facile esprimersi, mi sembra che uno dei particolari più appariscenti del dipinto, oltre alla Chiave (della quale a mio giudizio, se avessimo l'originale, sarebbe interessante misurarne la lunghezza per vedere se corrisponda alla famosa cifra 681 in cm), sia il volto quasi stupefatto e arrendevole di Celestino V, un viso quasi angelico che sembra esprimere una specie di smarrimento e una sorta di angoscia per l'incoronazione alla quale si sta sottoponendo. Il viso di Celestino V sembra quasi parlare: "Signori, fate pure, fatemi dunque Papa, il destino ha voluto così, ma sappiate che ho una chiave in mano (681), sappiate che so tutto di Cristo, e tutta questa pompa è del tutto sproporzionata alla Verità che io posseggo. Non appena aprirò con questa Chiave la Verità di Cristo, sono sicuro vi pentirete di quello che state facendo."

E' certo una mia impressione, ma tutta la persona di Celestino, al cospetto degli altri personaggi, esprime stupore e incredulità per quanto sta succedendo suo malgrado sotto i suoi occhi smarriti e meditabondi... qualcosa che già anticipa il Gran Rifiuto. La spiritualità di Celestino ne esce di gran lunga intatta, a lui del resto interessava soltanto questa... per lui Cristo era un uomo come tanti altri che lottava appunto per la spiritualità, per il trionfo della Giustizia contro tutta la materialità di cui si è sempre ammantata la Chiesa di Roma.


Ecco perchè Sauniere si fa fare una copia del quadro, appunto perchè aveva forse capito che il messaggio di Cristo non deve essere ricercato in dogmi vuoti di senso e pieni di bizantinismi incomprensibili, bensì nel suo messaggio di Pace, Uguaglianza e Giustizia da realizzare qui sulla Terra anche a costo di farsi crocifiggere, come poi infatti avvenne.

La spiritualità deve essere coniugata con la Giustizia, sembra dire Celestino V insieme a Cristo, altrimenti non ha alcun valore… e la Giustizia della Chiesa ha ben poco di spirituale. -

Saluti
Vipom

Commento di Antares: - Si perdoni il mio scetticismo. Innanzitutto ammetto la mia ignoranza sui dettagli dell'oscura materia di Saunière. Ho l'impressione di pescare in acque limacciose e lutulente. Le mie argomentazioni linguistiche hanno forse portato qualche frutto: adesso salta fuori che le iscrizioni che Saunière avrebbe trovato sono state decifrate. Ammesso questo, i casi sono due. Prima ipotesi: si trattava di una lingua ignota al parroco ma che solo in pochi conoscevano (escludo quindi il latino e l'occitano). Seconda ipotesi: si trattava di un codice che decrittato avrebbe fornito il testo in francese moderno (il che equivale a dire un falso). Mi piacerebbe a questo punto conoscere il testo originale. C'è qualcuno che lo può produrre? Spero che la domanda non sia destinata a rimanere retorica.

A proposito di Celestino V, mi azzardo a formulare una teoria controcorrente e provocatoria. E se invece il Gran Rifiuto fosse nato da una presa di coscienza in senso cataro, ovvero derivato da un'adesione al docetismo? In tal caso si sarebbe avuta una negazione radicale della corporeità di Cristo. A Cristo, in origine un essere angelico appartenente ad un altro piano di realtà, la Chiesa di Roma avrebbe attribuito un corpo fisico per renderlo più comprensibile alle masse. E col corpo fisico, ecco l'attribuzione della carne, del sangue, della transustanziazione, e anche del Sang Real, in quanto al corpo si addicono sperma e fecondità.


Questa ipotesi su Celestino è poi così improbabile come sembra a prima vista? Per quanto la cosa non sia molto divulgata, non dimentichiamoci che all'interno della Chiesa di Roma ci furono anche preti e monaci che segretamente aderivano al Catarismo. Ora affermo quello che nessuno può contraddire: il potere papale ha perseguitato ferocemente i doceti. Dove l'Inquisizione imperversava, negare la corporeità di Cristo era ritenuta una tale empietà che chi era trovato colpevole aveva soltanto due scelte: abiurare o essere bruciato vivo sul rogo. Si è mai visto un simile accanimento contro chi pensava che Cristo fosse solo un uomo? Non riesco neppure a trovare una chiara documentazione di una simile dottrina di un Gesù totalmente umano. Anzi, mi piacerebbe conoscerne il nome, visto che non lo trovo da nessuna parte.

Tengo anche presente che mentre possiamo discutere con precisione micrometrica molti testi docetisti prodotti nell'arco di secoli, dallo Gnosticismo al Manicheismo e infine al Catarismo, non abbiamo nulla di concreto sulla dottrina segreta dei Templari. Da quel poco che posso sapere, mi sembra che anche i Templari fossero Doceti e profondamente influenzati dal Catarismo. Chi potrebbe spiegare in modo ragionevole l'abiura del crocefisso se non attraverso la negazione degli idoli e della corporeità di Gesù? Io farei piazza pulita di molta paccottiglia ottocentesca. Riguardo alla supposta discendenza di Gesù, direi che almeno i suoi sostenitori potrebbero attribuirgli qualcosa di meglio dei degenerati Merovingi".

Saluti
Antares

Personalmente la penso come Antares sul fatto che Bérenger Saunière fosse un prete simoniaco coinvolto in mille porcherie e che fabbricasse reperti fittizi per il proprio interesse. D'altronde nessuno ha ancora chiarito i dubbi di Antares che chiede: "come mai la pergamena rinvenuta da Saunière è scritta in lingua d'oil, e per giunta moderna?".

Come mai? Avete incuriosito pure me... prima o poi vi deciderete a darmi una risposta!

Saluti
Mstatus

Società multietnica e multiculturale: come organizzarsi?

Anni fa, attorno al 2006 se non ricordo male, scrissi una riflessione dove dicevo che le migrazioni dei popoli con la successiva conseguente società multietnica (e quindi multiculturale o chiamatevela come vi pare), sarà un fatto inarrestabile ed irreversibile. Tra tot anni si arriverà là, pertanto invitavo a sedere attorno ad un tavolo e a fare qualche riflessione su come gestire tutta la faccenda, in modo da evitare i fattacci ai quali abbiamo assistito e stiamo assistendo pressoché quotidianamente. Il che non significa che ci si debba calare le braghe di fronte a quella che viene spesso definita come invasione, ma soltanto proporre una soluzione concreta per riuscire a risolvere e soprattutto a gestire il problema.

Detto ciò, ho notato che si tende a fare la guerra dei crocifissi negli edifici pubblici, e scolastici in modo particolare, utilizzando quale scusa il fatto del multiculturalismo e la presenza di più religioni all'interno di uno stesso contenitore (Stato). Ricorda un po' la scena del film "Karate Kid" col metti la cera, togli la cera, che in questo caso diventa: metti il crocifisso, togli il crocifisso. 

L'immigrazione di massa è un problema, e va visto come regolamentare la costruzione di una società multietnica (inevitabile) alla quale, probabilmente, non siamo abituati a ragionarci un po' sopra. L'attuale politica in merito pare non produca effetti più di tanto positivi, almeno da ciò che si legge e si apprende dalla cronaca. Ciò non significa svalutare le proprie tradizioni (calarsi le braghe), per farne posto ad altre, ma soltanto che bisogna far convivere pacificamente diversi gruppi sociali senza che vi sia lo scoppio della guerra termonucleare totale. Vi sono implicazioni di diritto e rapporti internazionali da tener presente, per cui dire all'osteria "spariamogli addosso, ecc. ecc." tra una birra e un wurstel coi crauti e l'altro, è del tutto folkloristico e prodotto dall'alcool in circolo nelle vene.

Ovvio che l'immigrazione selvaggia, con tutto ciò che comporta, compreso il fatto che i soldi sono finiti, vada risolta in modo diverso da ciò che viene fatto ora, e che sia necessario trovare un accordo tra tutte le forze politiche, visto che è un problema di natura generale. Verosimile che dietro a tutto il meccanismo della migrazione ci siano dei forti interessi di probabile natura non legale. Non è possibile che dei disperati muoiano come bestie al macello senza nemmeno sapere il perché. 

Fonte immagine: Il Cuore del Mondo - Il blog di Marcello Foa
Va da sé che la struttura dello Stato deve essere laica (come previsto nella Costituzione), e quindi qual è il senso di esporre simboli religiosi negli edifici che rappresentano lo Stato come le scuole pubbliche, ed i vari uffici? Si può comprendere che i simboli religiosi possano essere presenti, ad esempio, in edifici o scuole di natura privata, ma negli edifici pubblici semmai vanno esposti i simboli che rappresentano lo Stato. Lo Stato laico ha lo scopo di permettere la convivenza, possibilmente civile, di individui con diversi credi religiosi. La Legge Morale Naturale, che non proviene da un fantomatico dio, è la linea di separazione tra il bene e il male e viene stabilita dagli uomini, non dallo spirito santo o chi per lui. 

Stabiliti i valori fondanti e le relative norme, uno Stato non può avere preferenze religiose, per cui nei pubblici edifici non ci devono essere simboli di religioni varie, e neppure togliere un simbolo religioso per metterne un altro. Cadrebbe il principio della laicità (imparzialità). Ciò non significa che una religione non possa esistere, semplicemente andrà praticata in luoghi a ciò deputati. La verità assoluta proveniente da un dio o da un partito non esiste, per cui lo Stato deve per forza essere laico.

Se poi si vuole mantenere ciò che venne stabilito per circolare dall'allora Ministro del governo fascista, bene, ma di fatto oggi non ha più alcun senso. Tenete presente che all'epoca, dopo i Patti Lateranensi del 1929, che portarono alla chiusura della questione romana, la situazione politica tra Stato e Chiesa era alquanto diversa, per cui se venne stabilito dall'allora governo di esporre i simboli religiosi nelle scuole ed altrove, c'era un motivo. Oppure pensate che al governo fossero tutti scemi e non facessero delle valutazioni politiche? Oppure pensate che i governi non facciano delle valutazioni politiche di convenienza o meno? Motivo che oggi, con la società attuale, risulta anacronistico.

Immigrazione? Si inizi a ragionarci sopra tra tutte le forze politiche e si trovi un accordo praticabile che tenga presente, oltre alle implicazioni nazionali, pure quelle internazionali.

Che cosa è cambiato dal 2006 ad oggi? Ciò che scrissi allora vale pure per oggi e intanto sono passati altri anni, ma il problema sta ancora là!

Saluti
Mstatus

Vlad III di Valacchia (Draculea) l'Impalatore - Parte 2a

Nel 1462 i turchi arrivano fino a Targoviste, e Vlad III (Tepes) viene tradito da Mattia Corvino il Re di Ungheria che lo fa imprigionare a Buda. Durante il periodo di prigionia, durato circa 12 anni, Vlad, non disponendo di materiale umano da impalare, pare che applicasse la tecnica dell'impalamento su scarafaggi, pipistrelli, ragni, e simili. Da indiscrezioni, non confermate, le guardie riferirono che andava in "estasi" mentre procedeva con tale pratica, contribuendo, in tal modo, ad alimentare la successiva leggenda che lo portò alla ribalta quale Dracula!

Il Re di Ungheria, Mattia Corvino, lo libera nel 1475 ponendo alcune condizioni quali l'obbligo di sposare la figlia dello stesso Re, con rito greco cattolico al posto del rito greco ortodosso, e di combattere una sorta di crociata contro i turchi. In quel periodo i Turchi avanzavano e Vlad III (Tepes) guidava le sue truppe con mirabile competenza ed il coraggio che lo contraddistingueva.

Nel 1476 venne circondato dai Turchi. Mentre sembrava avesse la meglio sul nemico e stava controllando dall'alto di una collina la situazione, con il tradimento di alcuni boiardi (suoi alleati), i Turchi lo trovarono e lo uccisero.

Il contributo di Antares: "Chiunque indaghi le gesta di Vlad Tepes troverà una grande mole di dati, e potrà constatare la loro sostanziale concordanza. Esistono testimonianze in molte lingue che confermano gli episodi più noti e raccapriccianti della carriera di questo celebre condottiero. Per contro, non esiste una chiara tradizione sulla sua morte. Se tutti bene o male ritengono che sia morto nel corso di una grande battaglia, subito si vede che le modalità esatte dell'uccisione non sono conosciute neppure con una qualche approssimazione. Secondo qualcuno morì per mano dei Turchi contro i quali stava gloriosamente combattendo, mentre per altri fu ucciso per errore dai suoi guerrieri in quanto si sarebbe travestito da turco per infiltrarsi tra le linee nemiche. Non è mancato chi ha parlato di tradimento, chi di vendetta ad opera dei suoi Boiardi, che per anni erano stati vittime di sevizie efferate. Qualcuno addirittura sostenne che durante gli scontri notturni, si videro strani bagliori e del Voivoda non si trovò più alcuna traccia. Ogni tradizione relativa alla sorte del cadavere parrebbe essere stata forgiata per motivi ideologici. E' del tutto naturale che il Sultano incaricasse i suoi agenti di spargere la voce della decapitazione e dello smembramento del corpo: essendo stato il Valacco un'autentica maledizione per l'Impero Ottomano, si rendeva necessario fornire a tutti la certezza della sua fine.

Con tutta questa proliferazione di versioni incompatibili, l'inquietudine delle genti di Valacchia e di Transilvania non fece che aumentare, al punto che iniziò a diffondersi una voce sinistra: l'Impalatore non sarebbe morto come tutti gli esseri umani. Dato che la sua vita non era stata soltanto la vita di un tiranno sanguinario, ma qualcosa di molto simile a un incubo diabolico, esistevano tutte le condizioni necessarie per la sua trasformazione in un essere soprannaturale. Una tradizione sostiene che il cadavere fu sepolto nel monastero di Snagov da alcuni monaci, secondo le volontà dei defunto. La nascita di leggende popolari sulla Maledizione di Snagov fu immediata, e dal momento che esisteva il concreto pericolo che i contadini profanassero la tomba e bruciassero il cadavere, si dice che avvenne una traslazione dei resti in un luogo segreto. 

Immagine da: www.kickstarter.com
Ormai il destino del defunto Voivoda si era compiuto: aveva preso forma la sua identità di vampiro. Il termine Nosferatu, o più esattamente Nosferat, si riferisce proprio alla mancanza di trapasso: letteralmente significa Non Spirato, ed è una delle numerose tipologie di creature della notte di cui si narra nel folklore balcanico. Non tutte queste entità sono famose: di certo pochi hanno sentito parlare degli Strigoii, vampiri per ereditarietà, dotati di occhi blu pallidi, capelli color rosso sangue e due cuori nel petto. Secondo credenze diffuse, le persone dotate di capelli rossi o di labbro leporino sarebbero naturalmente portate a diventare non morti. I Varcolaci, uomini scheletrici capaci di metamorfosi mostruose, erano creduti responsabili delle eclissi. Ai Priculic era attribuita forma di persone bellissime durante il giorno e di cani neri giganteschi e feroci durante la notte. Vlad Tepes fu attribuito a quella classe di Vampiri dotati di bell'aspetto, di infinita malvagità e di inesauribile sete di sangue.

A favorire la diffusione del mito di Dracula anche al di fuori dalla sua terra d'origine contribuirono di certo dei libelli che sul passaggio tra XV e XVI secolo conobbero una grande fortuna in Germania e in Russia. Il ricordo di Vlad Tepes e delle sue atrocità finì comunque con l'affievolirsi fin quasi a sparire, finché nel XIX poté ricevere nuova linfa ad opera di uno scrittore irlandese di oscure origini: Abraham "Bram" Stoker."

Al di là di ciò che può rappresentare il mito del vampiro così ben raccontato da Bram Stoker, in Romania, ancora oggi alcuni considerano Vlad l'Impalatore un eroe della indipendenza nazionale. Si può pure ipotizzare da dove i coniugi Ceausescu abbiano tratto l'ispirazione per le atrocità commesse durante l'amministrazione del potere da parte loro, che culminò con la loro condanna a morte nel 1989.

Saluti
Mstatus e Antares

Se non l'avete letta, qui trovate la prima parte: Vlad III di Valacchia (Draculea) l'Impalatore - Parte 2a

Vlad III di Valacchia (Draculea) l'Impalatore - Parte 1a

Un personaggio storico, di cui si è occupata in modo particolare la letteratura dell'orrore con il famoso Dracula di Bram Stoker, è Vlad III Principe di Valacchia, figlio di Vlad II, difensore per l'Ordine del Dragone (Dracul) del cristianesimo di fronte ai pericoli turchi. Vlad III nasce in Transilvania (Sighisoara) nel 1431 e fu Principe di Valacchia in diversi periodi. Nel 1436 il padre, non disponendo delle truppe necessarie, pur di evitare l'invasione ottomana della Valacchia stessa, patteggiò pagando tributi e lasciando nelle mani di Murad II (Sultano turco), i suoi due figli Vlad e Radu, che di fatto vennero educati ed istruiti dai Turchi. Vlad apprende in modo ammirevole l'arte di esercitare il potere utilizzando il terrore, ed in particolare la tecnica dell'impalamento che lo renderà famoso successivamente. Nel periodo di permanenza presso i turchi, di Vlad (Tepes) le cronache ricordano, in particolare, due episodi. Il primo è la sua relazione con una quattordicenne dell'Harem del Sultano, mandata poi a morte dallo stesso sultano una volta scoperta la tresca con Vlad (Tepes) che non fece nulla per impedirlo; il secondo è la pubblica evirazione e la successiva uccisione di un prigioniero polacco pur di convincere il sultano della sua fedeltà!

Nel 1447 il padre Vlad II  viene ucciso assieme a Mircea (torturato e bruciato), fratello maggiore di Vlad (Tepes), per ordine del Consiglio dei Boiardi (Ungheresi) che instaurano sul trono di Valacchia un Re di comodo sotto il nome di Vladislav II.  Vlad (Tepes) viene, pertanto, rilasciato e fa ritorno in patria nel 1448, mentre il fratello Radu resta ancora assieme ai turchi. Vlad (Tepes), soltanto diciassettenne, con l'aiuto dei turchi che gli forniscono un esercito, tenta un colpo di stato contro Vladisvav II, ma fallisce riparando in Moldavia, e deve aspettare altri otto anni fino al 1456 prima di riuscire a salire al trono dopo aver finalmente sconfitto ed ucciso il suo nemico Vladislav II.

Vlad III elimina l'intera opposizione in un colpo solo nel 1459, invitando a cena, si dice, 500 boiardi, e facendoli impalare in prossimità del proprio palazzo di Tirgoviste. La tecnica dell'impalamento, che lo rende così famoso, appresa dai turchi, consisteva nell'infilare un palo cosparso di miele su per l'intestino, fino a farlo uscire senza toccare organi vitali da una scapola, palo che veniva poi fissato al terreno. Inutile precisare che l'agonia poteva durare diversi giorni!

Immagine da: www.salonedellutto.com
Ebbe due mogli. La prima fu una sedicenne transilvana comprata si dice con cento sacchetti d'oro che gli diede due figli e finì poi suicida gettandosi dalle mura del castello di Curtea de Arges; la seconda fu una parente del Re ungherese Mattia Corvino sposata esclusivamente per motivi diplomatici. Si narra che Vlad III ebbe pure diverse amanti, trattate talvolta "amorevolmente" come nel caso di una zingara che confessatogli per scherzo di essere incinta, sbudellò personalmente per verificare!

Vlad III (Tepes) governa per sei anni fino al momento in cui il Re di Ungheria Mattia Corvino invade la Valacchia e lo imprigiona a Buda.

Il contributo di Antares: "Non si può capire un personaggio così complesso senza avere un'idea del particolare clima culturale in cui crebbe. Il padre, a causa della sua militanza nell'Ordine del Dragone, ritenne di educare il figlio nella Chiesa Romana. La scelta di Vlad II fu evidentemente un puro calcolo politico volto a favorire l'alleanza con il Sacro Romano Impero. Non ebbe mai il fervore fanatico di chi pretende di inculcare a un bambino una religione. In ogni caso, le sue attenzioni furono sempre dedicate al figlio maggiore Mircea, erede al trono. Vlad passò i suoi primi anni in disparte, e fu particolarmente legato a sua madre, la leggiadra Cneajina. Questa era molto legata alla Chiesa Ortodossa, così affidò il figlio ai suoi sacerdoti.

Tutto ciò contribuì a creare un ambiente confuso in cui si mescolavano diverse lingue e diversi costumi. Anche l'educazione ricevuta alla corte del Sultano contribuì ad assicurargli una visione del mondo ampia se confrontata con quella di un principe formatori in un'unica cultura. Era una persona colta che conosceva alla perfezione molte lingue. Questo eccezionale bagaglio gli permise di soppravvivere e di imporre il proprio spietato dominio. E' altresì evidente che in qualche modo si insinuò nel giovane Dracula una forte vena di sentimento anticosmico, come risulta dal suo modo di concepire la Vita e la Morte. Ci si può domandare quale sarebbe l'operato di un Bogomilo se non avesse in sé la comprensione della Dottrina e la pietà verso le creature imprigionate da Satana. La risposta è semplice: inizierebbe a combattere contro il mondo infliggendo spaventosi tormenti a chiunque, ritenendo non solo lecito, ma anche doveroso annientare più vite possibile. Diventerebbe un'arma impugnata dagli stessi Demoni. Non è chiaro il tramite attraverso il quale giunsero a Vlad queste influenze.

Immagine da: www.imperialtransilvania.com
Dalla stirpe paterna non sembra probabile. Forse da quella materna o da qualche pope peculiare che custodiva anche soltanto frammenti di credenze colpite da anatema. Non sembra che Vlad Tepes riponesse la propria fiducia nei riti, nei princìpi morali e in una qualunque forma di teologia: l'elaborazione a cui sottopose semplici insegnamenti, forse neppure compresi a fondo, dovette essere frutto dei propri pensieri. Non possiedo documentazioni di questa ipotesi, ma se la si ammettesse potremmo spiegare molte cose finora inspiegate, cose che diedero origine al funesto mito del Vampiro. Gli anatemi della Chiesa Ortodossa colpivano chiunque credesse l'uomo opera di Satana, e Vlad era uno sterminatore di esseri umani. Colpivano chiunque credesse le donne incinte fucine di Satana, e Vlad le sventrava senza pietà.

Non mancano atroci resoconti che descrivono donne impalate assieme ai neonati. E' riportato che imponeva l'antropofagia in spregio del rituale eucaristico, costringendo le madri a cibarsi dei propri bambini arrostiti e i mariti a mangiare i seni delle proprie mogli. Ogni legame, che fosse familiare, etnico o di amicizia, era un pretesto per imporre alle vittime di cibarsi a vicenda delle proprie carni. Neppure gli animali sfuggivano alla sua bramosia di dolore e di morte: pare durante la prigionia dorata nella fortezza di Buda sottoponesse topi e scarafaggi a raffinatissimi tormenti per il solo piacere di farlo." 

Vlad III (Tepes) oltre all'impalamento, procurò la morte per olio bollente, rogo, scuoiamento, decapitazione e si calcola che le sue vittime furono oltre 100 mila, alle quali vanno aggiunti i morti in battaglia. Un aneddoto racconta che per eliminare il problema dei mendicanti li riunì in un palazzo dando poi fuoco a tutto! In battaglia era molto coraggioso, competente e sempre in prima fila tanto che con un esercito di soli 30 mila uomini riuscì a sconfiggere l'esercito nemico che disponeva di 250 mila uomini.

Una curiosità Dracul viene interpretato come appartenente all'Ordine del Dragone (Drago), ma anche come Diavolo...

Saluti
Mstatus e Antares

Continua nella Parte 2a

29 Aprile 2018: Rinnovo del Consiglio Regionale FVG, consigli di voto

Domenica prossima, 29 aprile 2018, ci saranno le elezioni regionali per il Fvg. L'area di destra extraparlamentare sosterrà il candidato numero 15 della lista di Fratelli d'Italia collegio di Udine (92 comuni), RICCARDO PRISCIANO.

Si sostiene il candidato, e non il partito, anche se per farlo è necessario barrare (turandosi il naso), il simbolo di FdI scrivendo PRISCIANO a fianco. Non è necessario barrare sul nominativo di Fedriga (turarsi il naso per FdI è già sufficiente senza bisogno di farlo anche per la Lega), e il voto gli va comunque (a Fedriga).

Perché passi Prisciano è necessario che passi Fedriga, per cui nella cabina elettorale è categorico scrivere PRISCIANO, sosteniamo la persona non il partito. Barrando solo il simbolo di FdI senza scrivere Prisciano, favorite i "liberal chic" (tali e quali ai "radical chic"), presenti in tale lista, e non il candidato che sosteniamo. Della spocchia dei "liberal chic" ne abbiamo abbastanza, che se la ficchino nel retto.


Domenica prossima, quando sarai solo soletto nella cabina elettorale, ricordati di barrare il simbolo di Fratelli d'Italia (turati il naso mentre lo fai), e di scrivere a fianco PRISCIANO, o sarebbe come lo zucchero sui coglioni.

Non ci interessa di sostenere i "liberal chic" presenti nella lista di FdI, quelli che si facciano sostenere dai salottini buoni che amano frequentare. Il sostegno della nostra area (collegio di Udine), è per PRISCIANO, non per gli altri.

Col numero di voti che la nostra area ha ricevuto alle recenti elezioni nazionali nei 92 comuni componenti il collegio di Udine per le regionali Fvg, Prisciano può passare alla grande.

Buona domenica!
Mstatus

Fermare ogni decisione di bombardamento in nome della sicurezza di tutti

La situazione militare in Siria e attorno ha ormai raggiunto il livello di guardia. Il presidente americano si accinge a prendere decisioni la cui portata e la cui pericolosità sono inimmaginabili.

Le accuse ad Assad di avere bombardato con armi chimiche il centro di Douma non sono né provate né sensate. Il rischio di uno scontro diretto con la Russia, su qualcuno degli scenari che sono già da tempo in fibrillazione, è imminente. La Russia ha già messo in stato di allarme tutte le sue difese, su tutti i fronti.

Di fronte al silenzio e alla menzogna del mainstream italiano e occidentale, noi blogger italiani facciamo appello, tutti insieme, ai partiti italiani, affinché si esprimano immediatamente chiedendo al nostro alleato principale di non commettere altre sciocchezze e di attendere il risultato di una commissione internazionale che accerti le responsabilità.

Washington non può essere il giudice supremo. Né vogliamo correre il rischio di essere trascinati in guerra senza sapere il perché.

Per questo pubblichiamo, tutti insieme, questo comunicato. Abbiamo ormai la forza informativa congiunta non meno grande di un grande quotidiano nazionale. Facciamola valere.

Giulietto Chiesa Pandora TV
Massimo Mazzucco luogocomune.net
Claudio Messora Byoblu
Pierfrancesco De Iulio, Pino Cabras Megachip.globalist.it
Manlio Dinucci Comitato No Guerra No Nato (CNGNN)
Diego Fusaro
Fulvio Scaglione
Franco Cardini
L’Antidiplomatico
L’intelettuale dissidente
ComeDonChisciotte 
Franco Fracassi Popoff
Saker Italia
Pressenza
Marx XXI
Contropiano
Marcello Foa
Lettera 43
Irib redazione italiana
AntimafiaDuemila
Spondasud 
Blondet
CagliariPad
Vauro
Davide Riondino
Sabina Guzzanti

Rivoluzione: tra il dire e il fare...

In questi giorni ho avuto modo di sentire diverse opinioni sulla situazione nel nostro Paese, su ciò che bisogna fare, non fare, ecc. Per lo più restano i discorsi dell'Osteria al Gallo Rosso (nome di fantasia). Non parliamo poi delle promesse in occasione delle elezioni da parte dei vari politicanti di turno. Tutti promettono tutto e anche di più! Si dimenticano, però, una cosa: oramai sono piuttosto inflazionati.

Si parla di rivoluzione, ma quale rivoluzione? Quella francese? Quella alla Brignano? Non c'è il pane e si mangiano le brioches? In realtà non siamo nemmeno all'altezza della "Comune di Parigi" che durò pochi giorni! Che, tra l'altro, finì in un massacro con relativo bagno di sangue per la feroce repressione. Noi ci becchiamo il massacro della "macelleria sociale", e di rivoluzione manco si parla, anzi, mai termine fu più abusato come da qualche tempo a questa parte!


Abbiamo capito quali sono i mali che ci affliggono, ma che facciamo? Tutti pronti per fare la rivoluzione? E il lavoro sporco chi lo fa? Qualche panzone molle che predilige tenere le proprie grasse natiche su di un comodo divano, e che non può andare in battaglia perché la moglie ha il mal di panza per le sue robe? O magari qualcun altro che preferisce passare le giornate al bar a lamentarsi e bere vinaccia? O forse quelli che devono guardare la partita di calcio, altrimenti si sentono persi?

Proprio recentemente ho avuto modo di assistere ad una riunione in cui si parlava di Massoneria e di tutto l'ambaradan. Interessante, ma, ripeto, i mali li conosciamo, la cura siamo disposti a somministrarla? Non credo.

Ai posteri l'ardua sentenza.

Saluti
Mstatus

Tricesimo e Social Media: un amore non corrisposto

Premessa. Questo articolo espone una tendenza. Come in ogni tendenza, esistono eccezioni e casi anomali. In alto, come in basso. Ma la tendenza resta.

Una riflessione sull'utilizzo dei Social Media nella zona morenica-collinare del Friuli post-rurale, in particolare in quel di Tricesimo.

A livello locale la maggioranza degli utenti dei vari gruppi su Facebook va contro qualcosa, e soprattutto a qualcuno, a prescindere, a seconda di chi la scrive. Più che il contenuto espresso stanno a pensare a chi lo esprime. Un po' per rancore, un po' per patologica ricerca di attenzioni,  un po' per mania di protagonismo "radical chic" da maestrini senza la penna rossa. Stendiamo un pietoso velo, poi, sulle casalinghe disperate sull'orlo di una crisi di nervi dispensatrici di faccine a manetta. Quelle sono un caso clinico a parte.

Un po' come quando ho pubblicato l'intervista fatta alla candidata a Sindaco di Tricesimo Lucia Benedetti. Il putiferio! Un'intervista pubblicata su un blog indipendente, di certo non replicata sui giornali o altri mezzi di stampa locale, ha creato più scandalo, disordini sociali e guerriglia urbana di quanto abbia mai fatto prima nella mia decennale costante presenza sul web. Per quale motivo? Per i contenuti dell'intervista? Per la potenza mediatica di questo blog? No, il motivo è il rancore personale.

Per gli utenti autoctoni, in sintesi, un problema, che ha natura oggettiva, non è un problema qualora lo evidenzi qualcuno che non faccia parte del proprio clan o non rientri nelle proprie simpatie politiche. Allo stesso tempo, un non-problema (tipo il terrore per il ritorno del fascismo) esposto però da un proprio amichetto, o facente parte di una cricca affiliata, diventa un problema gravissimo da sottoporre all'attenzione di tutti, spesso in modo forzoso. 


Capiamoci: un utente "normale" da community virtuale può avere un'idea diversa, anche politicamente parlando, ma esprime la sua idea sull'oggettività del problema, non sul soggetto che l'ha riportato. Un metodo efficace per riconoscere subito chi non è un utente "normale" è notare che qualsiasi cosa gli si dica, su qualsiasi episodio o argomento o tematica o quel che l'è, lui vi darà contro, sempre e comunque, in maniera anche piuttosto spocchiosa. La spocchia è infatti uno dei tratti distintivi di questa strana tipologia di mammifero. Oltre ovviamente all'estrema frustrazione.

Il lato comico della situazione è che prima ti tirano secchiate di materiale organico puzzolente e poi, se per strada non rispondi al loro ipocrita saluto, dicono che sei un maleducato. Mi si spieghi la logica alla base del ragionamento! Dal mio punto di vista, se una persona che mi risulta antipatica, che non sopporto e che non rispetto, arrivando a dire che è una persona non gradita, per quale motivo dovrei salutarla per strada sfoggiando un sorriso costruito al momento? Per mantenere quella strana parvenza di borghesismo benpensante, perbenista, da salottino buono buonino? Per mantenere le apparenze? Per mantenere il "quieto vivere"? Ma quale quieto vivere! Dopo una dichiarazione di guerra non ci può essere quieto vivere. Facile lanciare il sasso e poi volere il quieto vivere.

La realtà del comportamento di alcuni tricesimani supera persino la più audace fantasia!

Saluti dall'uomo cattivo
Mstatus

Fonte immagine: Officina Turistica

Elezioni politiche: obbedire al Grande Capo sempre e comunque?

Ho appena avuto un'animata discussione con una mia amica, simpatizzante di un certo movimento politico di stampo nazionalista. Lei, fino a pochi giorni fa, andava incontrovertibilmente contro alle posizioni della Lega Nord, pubblicando persino foto raffiguranti volantini distribuiti tempo addietro dai leghisti contro la Le Pen, aggiungendo che perciò un’alleanza, o quantomeno un accostamento al Carroccio da parte sua, non sarebbe mai stato possibile e che qualsiasi nazionalista mai avrebbe potuto avvicinarsi al colore verde.

Bene, sembrerà impossibile, incredibile, inimmaginabile, ma appena il giorno dopo il quale lei aveva pubblicato questa foto, esce un comunicato da parte del presidente del movimento del quale lei è simpatizzante che invita a sostenere la Lega, in particolare nel Centro Italia.

Qualsiasi persona di buon senso, che fino al giorno prima diceva il contrario di quello che dice il giorno dopo il suo “boss”, prenderebbe le distanze dal movimento per quanto riguarda la decisione, se non addirittura non ne aderirebbe più. Invece no, ed è per questo che ho avuto questa discussione. Lei ha addirittura cominciato una campagna via social network di totale sostegno e devozione verso la Lega, motivando le sue ragioni senza un minimo di convinzione, semplicemente ripetendo come un automa le disposizioni impartite dall’alto

Quando l’ho messa di fronte all’evidenza dei fatti e alla sua palese mancanza di coerenza, lei mi ha così risposto: “Innanzitutto io credo alla gerarchia, e mi fido ciecamente dei vertici. Poi, condivido in toto i moventi di Salvini, e soprattutto, cosa di non poco conto, è stata tolta la dicitura "Padania" al simbolo. Poi, se si vuole credere che lo “ius soli” e il “blocco dell'immigrazione” si fermino con quattro gatti che sbraitano e farneticano di forni e cazzate varie, allora siamo freschi. Io sono nazionalista, ma per “stati federati” in realtà, ma questo è un mio parere.”

Fonte immagine: Film Review
Si rafforza allora in me la logica che, specialmente in taluni ambienti, vi sia poca capacità di porre in essere scelte autonome e ci si lasci trasportare dal pensiero “forte” di chi comanda. Ed è anche e soprattutto per questo che le forze alternative di questo Paese non hanno saputo fare fronte comune sui temi a loro cari, come l’euro e l’immigrazione, ma si sono lasciati intorpidire dai diktat dei capi partito che hanno operato e continuano ad operare nella logica di coltivare a granturco ognuno il suo fazzoletto di terra. Ma alla fine di ogni raccolto ci si rende sempre conto che le pannocchie sono talmente poche da non poter sfamare nessuno, e che forse conveniva coltivare alla stessa maniera un campo un bel po’ più grande.

Questo episodio mi ha fatto venire in mente non poche scene dell'intramontabile Fantozzi e il totale asservimento che lo contraddistingue.

Saluti
M. R. Carter

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