Gemona: cuore del Friuli fino all'Estremo Oriente - Parte III

Terza parte (ed ultima, non preoccupatevi) del mio breve racconto pseudostorico sulla bellissima cittadina di Gemona del Friuli. In questa parte cercherò di deliziarvi con quelle che sono a mio avviso le più interessanti curiosità che circondano Gemona di un alone di importanza storica non indifferente. Vi chiarirò finalmente anche perché ho deciso di scegliere il titolo che ho scelto…

Giocatori d’azzardo e Magia Nera

Lo sviluppo economico di una città ne comporta anche lo sviluppo di abitudini non sempre pie. L’aumentare della pecunia nelle saccocce dei gemonesi portò loro a dedicarsi ad attività meno lecite e onorevoli delle precedenti di cui vi ho parlato. Tuttavia, questo genere di cose accade ovunque nel mondo intero, per cui è inutile soffermarci granché sui vizi su cui si gettano le persone una volta ottenuta un’abbondante (o anche no) disponibilità economica. Basti sapere che una delle attività che più presero piede in epoca medievale fu il gioco d’azzardo. Ciò che è davvero interessante da raccontare è la storia della maga Tarsilia, di cui si dice che fosse in grado, utilizzando la corda di un impiccato, di far smettere le persone di giocare.

Un metodo a dir poco bizzarro, ma quale maga non lo è? Inoltre, a quanto pare, Tarsilia possedeva veramente qualche strano potere, dato che le sue stregonerie si dice che avessero un enorme successo. Tra le gesta della maga possiamo nominare la capacità di far riconciliare, tramite l’ingestione di piante di rose, coppie separate, famiglie distrutte, rapporti spezzati. Niente che un amico o un parente non possa fare tramite dei buoni consigli, voi direte, ma Tarsilia era anche in grado di far ritrovare oggetti smarriti, persino soldi. Le sue doti erano ammirate da Gemona a Cividale, dove ormai era diventata un personaggio piuttosto famoso.

Purtroppo fu proprio la sua fama a condannarla. L’importanza di Tarsilia nella comunità era ormai diventata troppo altisonante per non attirare l’interesse della Santa Chiesa. Morale della favola? Tarsilia è forse una delle poche streghe della storia a non essere bruciata sul rogo! Una volta convocata dal Tribunale dell’Inquisizione, infatti, fu condannata “solamente” all’esilio, ma arricchito da un tipico monito ecclesiastico: fu scortata fino alla porta della città e ricoperta di frustate da due "giannizzeri d’elite" scelti apposta per l’occasione, uno proveniente da Gorizia e uno da Portogruaro.

Un antichissimo santuario

Chi non ha mai sentito parlare di Sant’Antonio? Sì, proprio lui: Sant’Antonio da Padova. Ebbene pochissimi sanno che a Gemona esiste un luogo sacro dedicato a tale importantissima figura della storia del Cristianesimo, si tratta del santuario di Sant’Antonio. Che cosa c’è di tanto strano o interessante? Semplice: si tratta del più antico tempio dedicato al culto di sant’Antonio della Storia. Non è famoso come quello di Padova, dove il santo morì, o come quello di Lisbona, dove il santo nacque, ma sappiate che vi sono dei documenti che certificano il passaggio nella cittadina pedemontana del dottore della Chiesa.


Tali documenti riportano che il frate frequentò la piccola chiesa (da cui il santuario deriva) all’incirca attorno al 1227, chiesa che venne però consacrata solamente diciassette anni dopo la sua morte, ovvero nel 1248, data in cui tale chiesa venne dedicata al defunto prelato. Stiamo parlando di decenni prima dell’edificazione della basilica di Padova e la leggenda vuole che sia stato proprio sant’Antonio ad ideare la piccola chiesa, dopo essere stato in visita a Gemona dei suoi confratelli, di cui era superiore generale. Purtroppo il terremoto distrusse la chiesa originaria, che venne poi ricostruita secondo canoni architettonici più contemporanei.

La missione di Fra Basilio

Siamo giunti al punto: perché diavolo ho scelto questo titolo? Che ci azzecca Gemona con l’Estremo Oriente? A prima vista nulla, ma se andiamo a spulciare nei polverosi archivi della Storia, non possiamo non restare sorpresi!

Dal Cinquecento in poi il mondo occidentale e quello orientale cominciarono ad instaurare rapporti commerciali estremamente consistenti e redditizi. Le merci orientali erano molto rare in Europa e il mercato era fiorente e fonte di immensi guadagni e ricchezze per ambo le realtà economiche. Gli scambi, però, rimasero a lungo puramente commerciali, dettati da un interesse materiale, legato al denaro. Non esistevano contatti tra le due culture da un punto di vista sociale, politico, diplomatico e culturale. Dopotutto la cultura orientale, in particolare quella cinese, era già da allora considerata tra le più vaste ed antiche del pianeta.

Fra Basilio Brollo, di Gemona, si trovò nel porto di Venezia a dover prendere una decisione importantissima: partire per la Cina oppure no? La risposta fu scontata ed immediata. Il suo compito era quello di portare la parola del Vangelo nell’Estremo Oriente, ma non è questo il motivo per cui io voglio parlarvi di lui. Dopo anni di viaggio, passando anche per le famose città di Shanghai e Pechino, fra Basilio si trovò nella città di Sian, nel cuore della Cina, dove visse per oltre vent’anni, fino alla sua morte.

Oltre a portare a compimento la sua missione di divulgazione del verbo ecclesiastico, Basilio ebbe modo di studiare in maniera assai approfondita e di traddurre la letteratura cinese, i suoi vocaboli, i suoi caratteri, e decise così di realizzare quello che è tuttora considerato il primo dizionario cinese-latino della Storia. Questo manufatto di inestimabile valore divenne ben presto lo strumento più importante che portò all’avvicinamento della cultura europea a quella cinese. Esso veniva usato non solamente da religiosi e missionari, ma anche da diplomatici, studiosi e grossi commercianti. Nonostante questo il dizionario rimaneva un prodotto assolutamente elitario, a cui pochissimi eletti avevano accesso. Ad intuire l’importanza di una stampa più consistente dell’opera fu nientemeno che Napoleone Bonaparte in persona, che ordinò di tradurlo in francese e di stamparlo. Possiamo dunque dire che fu Fra Basilio Brollo da Gemona a rompere il ghiaccio con quella che era considerata una misteriosa e quasi leggendaria civiltà.

« ...Dio ci guardi l'arrivare ad un convito in China, è un piciolo purgatorio ... »

Saluti
Vidocq

Gemona: cuore del Friuli fino all'Estremo Oriente. - Parte II

Gisulfo, Romilda e gli Avari

Nel giorno dell’epifania, il corteo medievale che attraversa la cittadina si dirige verso il duomo, accompagnato dal Sindaco, per assistere alla celebrazione della cosiddetta “Messa del Tallero”. Perché questo nome? Che cosa c’entra il Tallero? Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro nel tempo, in epoca longobarda, quando a dominare Gemona e tutto il Friuli vi era il Duca Gisulfo (primo Duca del Friuli).

Siamo alla fine del VI Secolo D.C. e le orde barbariche provenienti dalla Pannonia stanno devastando il Friuli con i loro attacchi. Le guerre sono feroci e cruente, ma il castello di Gemona si rivela essere una roccaforte inespugnabile per lungo tempo. Tuttavia, Gisulfo è costretto a capitolare di fronte alle truppe degli Avari e decide pertanto, con un’azione di dubbio gusto, di abbandonare il feudo friulano alla moglie Romilda, la quale decise saggiamente di riparare a Cividale. Da qui in poi le informazioni si confondono tra storia e leggenda, ed è forse proprio per questo che diventano ancora più interessanti!

Il potente Re degli Avari dispone l’assedio di Cividale e Romilda, ormai in trappola, tenta un’azione tanto coraggiosa quanto ingenua: ammaliata (si dice) dalla bellezza del re avaro, ordina di lasciare libero accesso alle sue truppe in Cividale, in cambio di un matrimonio. Il re sposa Romilda, e dopo alcuni giorni di matrimonio ordina il saccheggio di Cividale e la deportazione di tutti i suoi abitanti. Evidentemente all’avaro interessava soltanto la luna di miele, tant’è vero che consegnò Romilda e le figlie (di lei) ai propri soldati.

Romilda, però, ha dimostrato di avere alti e bassi tra furbizia ed ingenuità, e decide in questo frangente di cospargere il proprio corpo e quello della prole di carne putrefatta. L’insostenibile tanfo che le donne emanavano impedì loro di essere violentate dai soldati, e furono così vendute come schiave (chissà se poi si pentirono di questa scelta).

La popolazione friulana, oramai stanca delle scorrerie di soldataglie provenienti da mezza Europa, decise coraggiosamente e orgogliosamente di difendersi da sola formando reparti di difesa composti da cittadini pronti a tutto per la propria città, sia militari sia civili. Gemona fu uno dei maggiori esempi di questa scelta politica territoriale. Successivamente a questo periodo buio e colmo di violenze, i presidi dei cittadini accettarono di sottomettersi al potere del Patriarcato, guadagnandone la preziosissima protezione. La cerimonia che ufficializzò questo “patto di sottomissione” si ebbe il giorno dell’Epifania, durante la celebrazione della messa, in cui i comandanti locali si sottomisero al Patriarca consegnandogli un tributo. Da allora, in memoria dell’antico patto tra cittadini e clero, il Sindaco di Gemona consegna un Tallero d’argento, come segno di protezione e di omaggio.

Evoluzione storica e politica

Gemona si è sviluppata nei secoli in una zona di estrema rilevanza strategica essendo luogo di passaggio per alcune tra le rotte commerciali più importanti del Friuli. A dimostrazione di ciò ci sono gli importanti edifici che hanno contraddistinto la città. Il primo di importanza storica fu il municipium edificato dagli antichi Romani, luogo in cui la civitas romana progettava la costituzione territoriale trasformando di fatto Gemona in un centro politico di una certa importanza.

In seguito, in epoca medievale, fu eretto il già nominato castello, a cui Gemona deve il merito per essere stata menzionata nell’Historia Langobardorum, di Paolo Diacono. Il castello era infatti considerato nel 600 una delle roccaforti più importanti del Friuli ed ospitava una guarnigione adibita a bloccare l’avanzata degli Avari. Circa cinquecento anni dopo, Gemona ottenne il grado di “libera comunità”, godendo pertanto di propri statuti e di una politica territoriale indipendente.


Come abbiamo già detto, Gemona divenne in seguito un protettorato del Patriarcato di Aquileia, che investiva i suoi denari sulla città in quanto ormai diventata importante centro commerciale, artigianale e finanziario. L’interesse del Patriarcato era talmente grande che il Patriarca Niederlech promulgò un editto che permise a Gemona di ottenere il “diritto di scaricamento”, riferito agli scambi mercantili e al ricambio di cavalli per i viaggiatori, facendo ottenere alla città ulteriore ricchezza grazie alla costruzione di alberghi e stalle.

Gemona era oramai diventata una tappa fondamentale per tutti coloro che provenivano dai porti di Venezia e di Trieste e che erano diretti verso la Carinzia o altre zone dell’Europa centrorientale. Una cittadina di tale importanza (e così redditizia) non poteva certamente passare inosservata agli attenti occhi della Repubblica di Venezia, che dal 1420 in poi ne fece un suo dominio…

Fine della seconda parte. Contnua...

Saluti
Vidocq

Gemona: cuore del Friuli fino all’Estremo Oriente. - Parte I

Oggi siamo a nord, a circa 30 km da Udine, per parlarvi di un paese, o meglio una cittadina, che è considerata da molti il cuore del Friuli.

Gemona del Friuli sorge a circa 270 metri sul livello del mare, alle pendici dei monti Chiampon e Glemina, ma le sue caratteristiche geografiche sono molto varie: si passa dalle pianeggianti frazioni di Campo Lessi e Taboga alle collinari Ospedaletto e Stalis. Questi dislivelli caratterizzano molto la cittadina, ben nota per le sue salite e discese. Tuttavia, Gemona è principalmente famosa, in Friuli e non, per essere stata l’epicentro del disastroso terremoto del 1976, che ha segnato profondamente la sua storia e quella del Friuli tutto (i cittadini gemonesi furono insigniti della Medaglia d’oro al Merito Civile).

Il tremendo terremoto non è riuscito però a rovinare le opere artistiche ed architettoniche di primissimo livello che Gemona può vantare, come simbolo della tempra e dell’abilità del tenace popolo friulano.

Non tutto è andato perduto


Una delle opere più importanti e rappresentative di Gemona è indubbiamente il suo duomo, dedicato a Santa Maria Assunta. Il tempio è sito in un vasto terrapieno ed è considerato uno dei monumenti religiosi più importanti del periodo medioevale della regione. Lo stile è particolare ed affascinante, misto tra il romanico ed il gotico, ed è stato realizzato da diversi artisti locali, tra cui spicca sicuramente il nome di Giovanni Griglio, che si occupò del suo restauro nella prima metà del 1300, quando Gemona era in guerra con la vicina Venzone (questo forse non lo sapevate). Al suo interno si possono ammirare opere di grande valore: tele pregiate di scuola friulana datate tra il 1500 e il 1700; il crocifisso ligneo diventato simbolo del terremoto; l’antica vasca battesimale, ricavata da un’ara funeraria romana, datata tra il I ed il II secolo Avanti Cristo. Inoltre, vicino al duomo si trova Casa Gurisatti, ovvero il Tesoro del Duomo, dove giacciono preziosi libri miniati del tredicesimo secolo, accompagnati da arredi ed oggetti sacri di lavorazione orafa non indifferente.

Nonostante questo straordinario elenco di opere di indiscusso valore artistico ed ingegneristico, quella legata alla storia del duomo che ritengo sia più interessante è la statua di San Cristoforo. Questa meravigliosa opera che raggiunge i 7 metri di altezza, classificandosi di diritto tra le più grandi statue d’Italia, è incastonata in modo singolare nella facciata del tempio. Persino il forse più noto “Colosso di Barletta” non arriva a una tale dimensione.

La prima realizzazione del duomo è datata all’incirca verso la fine del 1200, ma nei secoli successivi è stato sottoposto a continui miglioramenti e ristrutturazioni. Fu consacrato nel 1337 dal Vescovo Giovanni da Parenzo, su ordine del potentissimo Patriarca d’Aquileia Bertrando, nel giorno di domenica 8 giugno (festa di pentecoste). Da ricordare, oltre alle guerre tra Gemona e Venzone, che uno dei motivi che allungarono di decenni la costruzione del duomo, furono le minacce del Conte di Gorizia, molto interessato al dominio della zona.

Una festa immortale

Tra tutte le feste e sagre che la cittadina offre, quella che più rimane impressa e che più caratterizza la storia di Gemona, è la cosiddetta Epifania del Tallero. Trattasi di una rievocazione storica tra le più apprezzate e frequentate di tutto il Friuli, una festa che trasforma la cittadina in un affascinante scenario medievale. Durante la manifestazione il centro storico è ricco di spettacoli, giochi di strada e giochi medievali a cui la popolazione prende parte, in un divertente sipario d’altri tempi. In serata vengono anche accesi due pignarul nelle frazioni di Godo e di Taboga, che fungono da fuochi propiziatori per un anno generoso per la famiglia e l’agricoltura (oramai pesantemente sottovalutata).

Ma avete mai pensato a quali sono le origini storiche dell’Epifania del Tallero? Ve lo diciamo nella seconda parte…

Fine prima parte. Continua...

Saluti
Vidocq

Tricesimo: contrada contesa e dominio di contrabbandieri. - Parte II

"Toni Menot, el brigant, al robave ai siors par no fa muri la int di fan."
(Antonio Menot, il brigante, rubava ai signori, per non far morire di fame la gente.)

"A Tricesimo e nelle ville vicine, molti sussurravano e qualche volta lo dicevano anche a voce alta. Toni Menot, poco più che ragazzo, alto, asciutto, con folti capelli neri e ricciuti, aveva malamente risposto al Conte Valentinis, per una cesta di biada non proprio colma. Probabilmente Toni Menot si era stupito per il suo ardire, ma ancor più lo aveva stupito il lampo di paura che era passato sul volto del Conte. Quel giorno, nel cortile del castello, da segni incerti e tenui, capì che la sua vita sarebbe cambiata."

Toni Menot

Perché quest’uomo è maggiormente ricordato rispetto ai suoi compari? Perché è forse l’unico personaggio di quell’epoca di cui ancora qualche raro anziano del posto parla ai propri nipoti? La sua fama si deve indubbiamente anche al suo temperamento, egli era infatti un uomo molto coraggioso e, per ovvi motivi, era molto temuto e rispettato. Tuttavia, il vero motivo che rende Toni così famoso è il fatto che si rese protagonista di alcuni episodi che rimasero a lungo nella bocca della gente locale. Ebbe il coraggio di rispondere male al Conte de Valentinis, signore feudale del territorio, accusandolo di far patire la fame al popolo e rimase nella storia come una sorta di “ladro gentiluomo”. Questa fama, però, non era condivisa dalle truppe austriache e veneziane.

Dopo un’eroica fuga e resistenza, fu infine catturato dai soldati della Serenissima e gettato nelle segrete del castello di Udine, dove venne torturato e condannato all’impiccagione. La leggenda dice che il suo cadavere fu trascinato da Udine a Tricesimo, nel villaggio di Adorgnano (dove si trovava la sua base operativa), e fu appeso ad una forca come monito, fino alla putrefazione. Nonostante questo, egli è ancora ricordato come colui che “rubava per non far morire di fame la gente”.

Una tradizione smarrita


Per concludere quest’avventura, vi segnaliamo una tradizione del paese, ormai andata perduta, che aveva luogo nei primi giorni di novembre, per la ricorrenza dei defunti. In tali giornate i tricesimani solevano lasciare in tavola o sul davanzale un po’ di polenta concia e di acqua, per permettere ai defunti di passaggio di potersi sfamare e dissetare. A rendere ancora più singolare questa usanza, stava la credenza che i defunti già “sistemati” all’Inferno o in Paradiso non avessero bisogno di questi doni, in quanto non sofferenti né di fame né di sete. Il gesto era quindi rivolto alle anime sperdute del Purgatorio, in attesa del giudizio finale.

E se queste anime errabonde avessero davvero desiderio di quei doni?

Saluti
Vidocq

Collegamento alla prima parte: Tricesimo: contrada contesa e dominio di contrabbandieri. - Parte I

Tricesimo: contrada contesa e dominio di contrabbandieri. - Parte I

Tricesimo, località situata nell’anfiteatro morenico del Tagliamento, è uno dei primi paesi che si incontrano uscendo dall’hinterland udinese in direzione nord. Una zona a prima vista “anonima”, ma che nasconde in realtà un sacco di sinistri retroscena. Il paese ha diverse frazioni, ognuna delle quali gode di una propria chiesa che nasconde al proprio interno opere di pregevole fattura di artisti degni di nota. Tele pregiate, statue lignee, portali marmorei, acquasantiere; tutti manufatti di personaggi del calibro di Giovanni Antonio Agostini, Bernardino da Bissone e Antonio da Meduno. Vicino al centro storico di Tricesimo, sorge poi il Castello Valentinis (attualmente di proprietà della Curia di Udine), la cui affascinante storia avrà modo di ricollegarsi con ciò che vi racconteremo. Il titolo di questo articolo è infatti piuttosto sensazionalistico, vi chiederete come mai.


Briganti e contrabbandieri

Tricesimo e i suoi villaggi (le attuali frazioni dell’omonimo Comune) sono stati a lungo ambiti e reclamati da diversi potentati. Anticamente il paese svolgeva il ruolo di stazione militare e commerciale per l’Impero Romano, per poi entrare, nel Medioevo, nei domini del Patriarcato di Aquileia ed in seguito fu a lungo conteso tra la Contea di Gorizia e il Comune di Udine. Dopo la famosa devastazione del ‘500 divenne di proprietà del feudatario Prampero e successivamente della potente famiglia Valentinis. Proprio di questo periodo noi vi vogliamo parlare...

Alla fine del ‘700 (più o meno in contemporanea con le più note gesta di Fra Diavolo) Tricesimo divenne una sorta di crocevia di criminali di diverso genere. Questi fuorilegge, sempre alla ricerca di maggior potere, si riunirono in gruppi organizzati ed ottennero il controllo, senza risparmiare brutalità e violenza, di tutte le attività criminose di Tricesimo e dintorni. Vere e proprie bande di predoni, che si dedicavano a furti e rapine ai commercianti, alla falsificazione di denaro, ai delitti su commissione, al contrabbando di generi di prima necessità e soprattutto di tabacco.

Il contrabbando di tabacco era indubbiamente l’attività prediletta di questi briganti, che avevano un giro d’affari tale che tutt’oggi potrebbe essere considerato piuttosto imponente, arrivando a estendere il proprio potere nella zona dell’Alta Val Torre e delle Valli del Natisone, per poi spingersi oltre fino alla Contea di Gorizia e alla Slovenia. Una sorta di piccolo/grande impero criminale, che vedeva coinvolte una schiera di persone estremamente eterogenee: a queste bande aderivano anche semplici contadini in periodi di difficoltà; evasi delle galere del circondario; disertori di chissà quali eserciti; esiliati di altre città o villaggi. Si dice che persino il parroco don Francesco Bertossi non seppe trattenersi dalla lucrosa attività del contrabbando di tabacco.

In tutta questa masnada di furfanti, alcuni hanno avuto l’onore di restare nella Storia. Uno di questi fu Domenico Pignatti, detto “lo zoppo”, assiduo frequentatore di Tricesimo, ma ben più noti e potenti furono i fratelli Pascottini, che dominarono tutto il territorio compreso tra Tricesimo e Gemona, passando per Tarcento ed Artegna. Su tutti, però, uno in particolare si è distinto in quel periodo: Antonio Tosolin, detto “il Menotto”, conosciuto nel folklore popolare come “Toni Menot”...

Fine della prima parte. Continua...

Saluti
Vidocq

Resoconto di una vita senza senso - Episodio IV: la parola non conta un cazzo.

Dedico la vacuità del contenuto di questo microscopico granello di cyberspazio a tutti coloro che millantano doti che non possiedono. Arcane creature dalle sfortunate sembianze che si professano portatrici di positività, di sani principi, di valori inestimabili e indistruttibili.

"Persone" essi si fanno chiamare, mettendo quindi in discussione il concetto di "essere senziente", magari addirittura dotato di coscienza. Non c'è dubbio tuttavia che essi siano esseri animati: sono stati avvistati nell'atto del moto varie volte, alcuni dicono anche che siano piuttosto baldanzosi in tale pratica. Attenzione però, è doveroso chiosare: attribuire a queste creature una coscienza o un intelletto è eufemisticamente azzardato. Nel tentare di dare una spiegazione razionale a queste manifestazioni della materia, si finisce inevitabilmente in una interminabile sequela di sofismi articolati e inconcludenti, i quali non fanno altro che aprire ulteriori dibattiti sul già troppo dissertato "senso della vita".

Nell'ultimo periodo della mia effimera esistenza ho conosciuto molte entità di questo genere, con fattezze dissimili ma caratteristiche comuni. Questi rigurgiti di una società distorta hanno l'abitudine di predicare, con veemenza istrionica, tutta una serie di valori morali che non solo non posseggono, ma che violano in continuazione, con raccapricciante impudenza.

Alcuni di loro, ed ammetto che sono i più interessanti, non si rendono realmente conto di quanto siano imbarazzanti e petulanti nella loro forsennata propaganda. Fortunatamente la Natura ci aiuta in questo senso, grazie all'oggettività dei dati di fatto. Sia chiaro, essi faranno tutto ciò che è in loro potere (poco effettivamente) per deformare la realtà in loro favore, rendendosi protagonisti di una tecnica arrampicatoria estremamente fallace ma discretamente spassosa. Nonostante questo, i dati di fatto rimangono impressi nella Storia come violenti marchi di fuoco sul bestiame.

A tutte queste bozze, questi scarabocchi che la Natura non è riuscita a concludere, forse per mancanza di tempo, forse per mancanza di voglia, forse per il desiderio sadico e crudele di torturare le anime pie che vagabondano in questa dimensione purulenta, io auguro di potersi divertire in compagnia dell'imperituro Nulla che li risucchierà. Lentamente, ma inesorabilmente, questi ammassi di materia ricca di sinapsi scoordinate saranno inghiottiti dal loro fatuo destino.

Saluti
Vidocq

Terra Domani: Armi di distrazione di massa.

E’ da poco passata l’ondata mediatica della campagna elettorale, che già all’orizzonte cupo e tempestoso, si profila il bombardamento a tappeto per il mondiale di calcio. Dopo ore e ore di trasmissioni televisive, più che altro votate all’audience, e milioni di righe scritte, le elezioni europee sono state chiuse col trionfo eclatante del Centro Sinistra. Durante gli scorsi mesi, è stato promesso di tutto e di più, compreso l’eliminazione, se non ricordo male, della tassa sui motorini. Che c’entrassero i motorini e la loro tassa con le elezioni europee non si è capito, comunque “the show must go on”, e tutto fa brodo.

A livello politico l’unico dato certo, oltre la vittoria del PD, sta nel fatto che l’astensione è aumentata, il che significa che la politica non riesce a convincere chi non si reca a votare ad andarci ed a esprimere la sua preferenza per l’uno o per l’altro. Brutto sintomo! Chi va a votare sa già a chi dare la propria preferenza, gli altri, quelli che se ne restano a casa o se vanno al mare, invece, ritengono che nessun partito, compresi i movimenti allo zero virgola, siano in grado di dare una risposta concreta ai problemi dell’Unione e di riflesso a quelli del nostro Paese. 

Niente di nuovo sul fronte occidentale, scriveva un tale tempo fa. La nostra situazione economica nazionale è piuttosto disastrata con piccole e medie aziende che falliscono o preferiscono chiudere, non riuscendo più ad andare avanti e a sbarcare il lunario in modo dignitoso e con le grandi imprese che preferiscono continuare a tirarci il pacco delocalizzando nel semi silenzio della politica nazionale. Gira la ruota e ti esce la delocalizzazione. 

Nel frattempo a Roma, lo Statista continua a parlare di riforme, di ripresa e via di tutto il resto. L’unica cosa certa è che dai dati Censis con la TASI pare ci sarà un notevole aumento per le persone che già sono in difficoltà di loro, senza aver bisogno di un’ulteriore spinta. La pensionata che fino a qualche giorno fa riusciva a togliersi lo sfizio di 100 grammi di prosciutto cotto centellinando la sua magra pensione, ora, riuscirà a prenderne almeno 90 di grammi? Magari rinunciando al pane, ma tenendo ben duro il prosciutto cotto, per non abbassare ulteriormente il tenore di vita, dato che parrebbe brutto non dare l'impressione di un "benstare" nonostante ci si sia immersi fino alla testa, ed un pezzo più su. 

La cosa interessante è che per dare un altro significato ai coefficienti del PIL, ora pare che nel conteggio ci finiranno pure i proventi da attività di prostituzione, spaccio di droga e assimilati. Interessante a livello di ragionamento: siccome l’economia “normale” è mal messa, aumento l’indice inserendo altro. Un giro alla Ruota della Fortuna?

In sintesi: fino a che ci saranno “ancora” i soldi dei vecchi la barca potrà restare, anche se malamente, a galla, e poi? Ecco allora che arriva il toccasana del prossimo mondiale di calcio oramai in dirittura di partenza. Per un altro mese, o giù di lì, l’attenzione del "popolame" sarà concentrata su quello. Si discuterà su quel giocatore, o su quello che l’arbitro, o su quello che fa quell’altro. Nel mentre i problemi restano là, coperti prima dalla macchina mediatica elettorale, ed ora da quella calcistica.

Armi di distrazione di massa ? Consultare il manuale di gestione delle masse a pagina 777 e troverete la risposta.

The show must go on: Evviva il mondiale di calcio ! Intanto fai un giro alla Ruota. Attenzione alla Ruota della Fortuna, non a quella della Santa Inquisizione, perché lì su quella "santa" ruota, si trattava di volatili acidi, più che di fortuna

Il Coordinatore Regionale
Dario Calligaro

Archivio blog