Una testimonianza dell'oppressione fiscale

Sono nato negli anni sessanta a Zagnanado, una piccola cittadina di tremila abitanti nel Benin centrale. Era uno dei luoghi più poveri del paese. I miei genitori, sebbene analfabeti, attribuivano un immenso valore all’istruzione, e avevano a questo proposito alte ambizioni per i loro figli.

Mio padre riuscì a trovare un buon terreno a quindici chilometri dal villaggio. Costruì un rifugio in una grotta per immagazzinare le messi, e durante il periodo della mietitura si fermava al campo. La mietitura lo occupava per intere settimane, durante le quali restava lontano da tutti, e senza poter comunicare. Un uomo di grandissimo coraggio, che di notte dormiva nella grotta, circondato da serpenti e scimmie. Chiedeva ai suoi figli di raggiungerlo solo durante il fine settimana per portare via parte del raccolto, che veniva venduto per acquistare libri, matite e quaderni per i loro studi. Integrava il suo reddito occupandosi del bucato di un funzionario governativo locale, eppure spesso doveva chiedere dei prestiti per garantire ai propri figli le risorse per gli spostamenti e per il materiale necessario per la scuola.


Un anno a mio padre fu chiesto di pagare tasse che ammontavano al 90% delle sue entrate, un livello di tassazione ovviamente impossibile da sopportare per chiunque, ma specialmente per lui, considerata la sua età. A quel tempo era già piuttosto anziano, e troppo malato per lavorare. I funzionari si presentarono a casa nostra in piena notte, lo svegliarono, lo arrestarono e lo costrinsero a sfilare per tutta Zagnanado autodenunciandosi, dicendo: “Sono un delinquente irresponsabile, non ho pagato le tasse. Ho fatto una cosa terribile. Non ho fatto il mio dovere. Sono stupido e meschino e non ho pagato le tasse”.

E a subire tutto ciò fu il più gentile, dolce e generoso uomo che abbia mai conosciuto. Questo è stato il trattamento riservato a quell’uomo coraggioso che viveva da solo in una grotta per settimane per poter mantenere i propri figli. Quando accadde pensai: no, non può essere vero. E fu allora, quando vidi mio padre subire tali umiliazioni, che decisi di darmi da fare per cambiare le cose nel mio paese.

Leonard Wantchekon, Professore della New York University

Das Cabinet des Dr. Caligari: lo strano caso del gruppo pubblico social tricesimano

Personaggi:
  • Fan Alcalde Femmina: utentessa;
  • Fan Alcalde Maschio: utente;
  • Super Fan Alcalde Maschio (tipo slap slap): ultra utente;
  • Lurker: osservatore (non romano).

Recentemente ho scritto una roba sull'attuale situazione del Borgo Sant'Antonio a Tricesimo, considerato dagli autoctoni una specie di Via Montenapoleone milanese, che con i canoni di un articolo di cronaca riporta lo stato di fatto del borgo stesso (tipo Welcome to Desperation) che nessuno, neppure l'Alcalde, ha contestato. O meglio nessuno, sia sul mio profilo dove l'ho scritto, che su un gruppo pubblico locale fb dove è stato condiviso da una sinistra mano di una piccola borgata, ha commentato che così non sia.

Normalmente quando scrivi una roba di cronaca (racconti com'è la situazione), ti aspetti che qualcuno contesti, e ti dica che così non è, corredato dal solito Hard Haid Moe che fa tanto radical chic. A Tricesimo, invece, il primo commento dice: "Fan Alcalde Femmina: Le critiche vanno accompagnate da una proposta. Cosa si propone in merito all'argomento??" (Notare il doppio punto di domanda in quanto uno solo secondo l'autrice probabilmente era insufficiente). In un articolo di cronaca si riporta la situazione di fatto con una considerazione e/o domanda finale, e non ci sono critiche o proposte da parte dell'autore. Per quale motivo la cronista locale, ad esempio, del Messaggero Veneto, quando riporta dei fatti dovrebbe oltre a criticare anche fare proposte? Mica spetta a chi scrive.

A dar man forte arriva Fan Alcalde Maschio con "La situazione era tale anche con la precedente amministrazione. [omissis]. Ha ragione la Signora [omissis] (Fan Alcalde Femmina), è facile solo criticare e scappare dalle responsabilità di proporre soluzioni. [omissis]". Che c'entra quello che ho scritto con la precedente o attuale amministrazione? E perché dovrei proporre soluzioni? E da quale "responsabilità" starei scappando? 


Super Fan Alcalde Maschio dice: "Ora ho letto chi ha firmato l'articolo... ho buttato via 3 secondi della mia vita in una cosa inutile...". Un contributo ad alto contenuto cul_turale. Presa la carta alle Frattocchie dopo aver portato il salame alla maestra?

Interessante l'enfatico intervento del Sindaco che, dopo aver citato Thomas Eliot, riporta la "volontà dell’Amministrazione comunale di operare per tentare tutto il possibile per rivitalizzare il borgo", indicando una serie di fattibili cose da fare nel merito. Leggendo tale intervento a me è apparsa in mente la scena di Independence Day (il primo, in quanto il secondo è una ciofeca), dove "The President of The United States" (ex pilota di caccia), fa il mitico discorso prima della battaglia contro gli invasori alieni

Il post l'avevo scritto per il mio profilo fb, successivamente è stato riportato sul blog, e su una rivista online. Dalle statistiche si è rilevato, dopo la condivisione sul locale gruppo fb, un aumento delle visualizzazioni pur in mancanza di commenti. Un sentito ringraziamento alla "sinistra mano borgatara" che l'ha condiviso, e ai lurkatori che leggono, ma che per timore di infastidire l'amministrazione non intervengono. Tra l'altro chi ha commentato, l'articolo se l'è sorbito tutto in quanto la vicenda del topo razzo è citata quasi alla fine, ed essendo stato condiviso dalla rivista online, che riporta il link della fonte originale al blog, i lurkatori sono andati pure a curiosare sul blog (portando accessi).

Saluti
Mstatus

PNC News | Consigli di Lettura - 03/11/2019

Immagine da qui: Link

ECONOMIA

GEOPOLITICA
POLITICA INTERNA
POLITICA LOCALE

ESTERI
CULTURA

Tricesimo: le pie illusioni del Sindaco Baiutti

Tricesimo, paesino della zona collinare a nord di Udine, un tempo fiorente e ridente cittadina, oggi, a detta dei più, pare sia ridotto a "welcome to Desperation” come nel noto romanzo di Stephen King.

Gli autoctoni, spesso illuminati e dotati di intelligenza e cultura superiore, ricordano i vecchi tempi quando per il Borgo Sant’Antonio, caratteristica via centrale tricesimana (stile via Montenapoleone a Milano), ci passava il tram, e il paese risplendeva come il sole in una giornata estiva priva di nuvole.

Oggi il borgo è spopolato, alcuni edifici sono messi piuttosto male, i negozi hanno chiuso, e/o stanno chiudendo, e sulle vetrine spuntano come funghi i cartelli affittasi, vendesi intero stabile, con la pubblicità dell’agenzia immobiliare di turno.

Per rivitalizzare il borgo, durante la scorsa estate, un ristoratore locale ha, persino, chiuso la viabilità per tre sere ad inizio agosto, organizzando una cena borgatara che poi si è rivelata l’ennesimo flop (quattro gatti messi in croce), procurando irritazione ai malcapitati automobilisti.

L’attuale Sindaco Baiutti, eletto nel giugno del 2017 quasi con plebiscito popolare (per non dire percentuale bulgara che pare brutto), nel tentativo di ripopolare la via ha realizzato un passaggio pedonale che da un vicino parcheggio (Via Diaz), porta direttamente in borgo, ma che di fatto è poco utilizzato. Tanto è che la maggioranza preferisce arrivare con l'auto sbattendosene del passaggio, nonostante l'estasi orgasmica pro-sindaco da like da parte degli utenti dei gruppi facebook locali tricesimani alla notizia della sua apertura.

Neppure i notabili paesani dai capelli bianchi che dovrebbero dare l’esempio alle giovani generazioni, ricordando e parlando degli ex-splendori tricesimani, utilizzano tale passaggio preferendo arrivare direttamente in auto parcheggiandola davanti alla porta del tabacchino, uno dei pochi esercizi commerciali presenti funzionante, oltre alla scuola guida. Addirittura uno mi ha detto che lui per lì della conigliera non ci passa. In effetti nel passaggio c’è una gabbia con un coniglio che più da padella, pare da compagnia. 

In mattinana mi è capitato di vedere attraversare come un razzo un pingue topo che ha proseguito la sua folle corsa fin sotto il porticato del negozio di intimo femminile andando, poi, a sbattere sul piedistallo di un cartello segnalatore, e successivamente dileguatosi in via Sbuelz. Correva talmente veloce che non sono neppure riuscito a immortalarlo. Meno male che non c'erano comari paesane nei pressi, altrimenti il loro gracchiare da vecchie cornacchie mi avrebbe procurato il mal di testa.

Foto poco artistica by Mstatus
L’amministrazione comunale vorrebbe rivitalizzare il borgo agevolando l’apertura di nuovi negozi, e/o attività commerciali. Recentemente c’è stato, pure, un incontro dove fu illustrato un possibile progetto, addirittura 3D, in tal senso.

Ma chi sarebbe così pazzo da aprire un’attività "ics" nel borgo, sapendo in partenza che tra affitto, luce, contributi Inps ha un minimo di spesa di circa 20/25 euro al giorno (quando gli va bene), senza neppure aprire la porta del negozio? Quali prospettive ci sarebbero per un giovane che volesse operare il tal senso? A livello di concetto equivale a dire: vado in battaglia, sapendo di perdere in partenza. E' sufficiente notare i dati delle così tanto declamate partite Iva aperte e chiuse dopo qualche mese.

Attualmente il piccolo commercio ordinario paesano, tolti quei quattro gatti che hanno prodotti particolari, si basa su una clientela residuale, nel senso che la maggioranza degli acquisti viene fatta presso la GdO, o online, e al pizzicagnolo locale resta qualche anziano, e chi ha dimenticato di comprare la ricotta affumicata al supermercato. La qualità? La qualità non paga, salvo per qualche snob che fa il figo quando ti dice: ho comprato un prosciutto a 70euro al chilo da Cicillo (nome di fantasia), una leccornia. I molti che hanno poco non possono spendere più di tanto, e devono arrabattarsi per arrivare a fine mese con le tasche vuote.

Fanno sorridere le croniste che in tono estasiato ai TG ci dicono che ci sono oltre un milione di bambini in povertà con le solite vuote parole come fosse la novità dell’anno. E non si sapeva prima? L’Istat è che da qualche anno che parla di 14 milioni di italiani in povertà tra assoluta e relativa, e che i consumi sono calati (loro dicono fiducia dei consumatori). Tradotto per il volgo: non ci sono soldi da spendere. Basta andare al supermercato e vedere quanto erano pieni mediamente i carrelli solo 7/8 mesi fa, e quanto lo siano oggi.

Con le premesse e prospettive che ci sono, si può rivitalizzare il borgo come vorrebbe il sindaco Baiutti? Ne dubito! Il Catechismo della Chiesa di Roma al numero 1818 parla di Speranza, ma la saggezza popolare, maturata sul campo, dice che chi vive sperando muore defecando.

Rivitalizzare il borgo? Una pia speranza o meglio un'illusione.

Saluti!
Mstatus

Il fascino misterioso di una stazione dei treni abbandonata

Oggi, domenica 13 ottobre 2019, in mattinata ho fatto quattro passi fino alla stazione dei treni abbandonata del km 9,084 direzione da Udine verso nord. Arrivi alla stazione, inaugurata nel 1875, e avverti il fascino di un luogo denso dell’aria di mistero proveniente dal passato. Come l’improvviso e inaspettato bagliore del lampo in una notte stellata d’estate, ti appaiono le immagini delle persone che un tempo popolavano la stazione, oramai trapassate, e che forse, in spirito, si aggirano ancora in quel luogo.

Donne, uomini, bambini, militari tutti con una loro particolare storia e pensiero. La moglie in lacrime che abbraccia il marito in partenza per il fronte, e non sa se lo rivedrà ancora. Bambini che piangono perché il loro papà o la loro mamma salgono sul treno e se ne stanno andando via. Anziani che partono o arrivano dopo essere stati al mercato. Forse il suicidio di qualcuno o qualcuna che si buttò sotto il treno, e via di seguito.


Avverti il passaggio dei treni militari coi loro canti, il loro odore, e i carri con il materiale bellico sotto l'occhio attento delle sentinelle, diretti verso il fronte. Un insieme di storie tristi, felici, lugubri, misteriose, inquietanti delle persone che in passato calarono, come la mannaia di Mastro Titta sulle capocce dei condannati in nome del Papa Re, sulla stazione oggi abbandonata.

Tutto sommato, un momento particolare e piacevole.

Buona domenica!
Mstatus

Rapina in tre atti: come una generazione ha vissuto sulle spalle di figli e nipoti

Ringraziando Michele Liati del blog Pagine Dissidenti e Roberto Bolzan dell'associazione culturale Il Dito nell'Occhio proponiamo una conferenza di importanza cruciale per comprendere la situazione economica attuale dell'Italia. Tutto il ragionamento proposto dal relatore è basato su solidi dati e grafici verificabili. Una conferenza che tutti dovrebbero ascoltare.


Buona visione e buona successiva riflessione!

Saluti
Vidocq

“La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler”

La Caduta! Ieri sera, sabato 10 agosto 2019, ho rivisto in TV “La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler” film tedesco del 2004 che ricostruisce in modo verosimile ciò che accadde a aprile del 1945 nel bunker di Berlino, all'arrivo delle truppe “mugik” di Zukov che, partito da Kusk nel 1943, con una sorta di “Mission Impossible” avanzò continuamente con la sua armata fino a conquistare la capitale del Terzo Reich. Donna interessante Magda Goebbels che uccise i suoi numerosi figli pur di non farli vivere, come probabili animali rari, in un mondo senza il Nazionalsocialismo. Magda, in passato, aveva salvato il suo matrimonio andando a riferire le malefatte del marito direttamente a Hitler che fece allontanare l'amante Lída Baarová, e rientrare in famiglia l'adultero in nome della ragion di stato.

La segretaria personale di Hitler, riuscì ad abbandonare il bunker e Berlino passando in modo anonimo tra le truppe sovietiche in festa. Secondo me, se i “mugik” avessero saputo chi fosse, le avrebbero fatto la festa. Curioso il fatto che poi, in una intervista successiva, dichiari di non essere stata a conoscenza di nulla di ciò che combinavano Himmler e le sue S.S. nei campi. Strano per una che da anni stava nella stanza dei bottoni.

Scena tratta dal film
Il suicidio finale dei coniugi Hitler e Goebbels, con il successivo rogo dei cadaveri, era l'unica opzione possibile per evitare di essere catturati e di finire esibiti vivi o morti come dei fenomeni da baraccone. Mussolini non lo fece, e finì esposto appeso a testa in giù a Piazzale Loreto in un penoso spettacolo a uso e consumo della voglia popolare di sangue.

Mi chiedo se, oggi, i politici che parlano, parlano, e parlano siano disposti a girare con una fialetta di cianuro a portata di mano, e poi ad utilizzarla in caso di mala parata.

Tra l'altro, recentemente è mancato Bruno Ganz l'attore che nel film interpreta Hitler.

La caduta, un film che ho rivisto volentieri.

Saluti
Mstatus

Oggi non è Ieri, e Domani non è Oggi!

Recentemente, nel paese dove lavoro, un’Associazione ha predisposto una mostra fotografica del “Come Eravamo”. Le foto, molto significative e rigorosamente in bianco e nero, riportano spaccati di vita degli anni 30, 40, 50 e altri.  Tra le tante, ne ho trovate alcune interessanti, e una, inizialmente sfuggitami, o alla quale non avevo prestato la dovuta attenzione, riporta il luogo dove oggi trascorro la maggior parte del mio tempo, com’era oltre sessant’anni fa. 



Stesso luogo, ma tempo diverso. Mi è ritornata in mente la recensione, a dir la verità piuttosto critica, fatta dall’amico Antares666 del Blog il Filo a Piombo delle Scienze, sul film “The Philadelphia Experiment” dove due marinai, a seguito di uno strano esperimento, si ritrovano proiettati nel futuro con le immaginabili conseguenze e disavventure.

La foto, fine anni cinquanta, ritrae la banda cittadina e osservando i volti e le pose tipiche dell'epoca dei protagonisti, mi chiedevo a che cosa stesse pensando, ad esempio, l'uomo sulla destra con la colonna per sfondo, la mano destra in tasca, la giacca un po' stropicciata e con la mano sinistra sul petto, che fissava così intensamente l'obiettivo della macchina fotografica che lo avrebbe immortalato.

Stesso luogo, ma tempo diverso. Da provetto realizzatore di immagini poco artistiche, come quelle sulle papere al lago di Cavazzo di alcuni anni fa, ho immortalato lo stesso luogo com'è oggi. Solo il luogo, in quanto, oramai, molte delle persone ritratte nella foto originale, probabilmente, non ci saranno più.




Ma quelle persone, che forse si stavano chiedendo cosa stesse facendo, o dove fosse la moglie mentre loro fissavano la macchina fotografica che le avrebbe immortalate, come avrebbero reagito se, come i due marinai della "USS Eldridge", si fossero ritrovate improvvisamente nello stesso luogo oltre sessant'anni dopo senza l'albero, senza la scala esterna per salire al primo piano, e su un piazzale di cemento? Piazzale di cemento sotto al quale oggi ci sono le autorimesse.

Secondo me, avrebbero preferito tornare indietro alla loro epoca.

A ciascun il suo tempo, ma il mio a me. Oggi non è Ieri, e domani non è Oggi!

Saluti
Mstatus 

Kapitan Carola, l'eroina!

Oggi, giovedì 27 giugno 2019, sui media sbanca la vicenda della Sea Watch e, in particolare, il comportamento del suo capitano femmina che con la sua barca ha osato sfidare Salvini. Il capitano assume per taluni, oltre all'aureola di santità di rito, il ruolo dell'eroina. Pare che persino alcuni esponenti del PD si siano recati in loco a darle sostegno e a gridare: ih ma quanto sei brava e eroica! Qualche rosso di Tricesimo? I titolisti di alcune testate nazionali, probabilmente pescati tra i rimandati a settembre alle Frattocchie, hanno creato dei titoli "ad hoc", aiutati pure dalla coincidenza con l'immagine divenuta virale dei due immigrati morti, padre e figlia, negli Usa. Tutto fa brodo!


Se la bella Carola, al posto di aver ignorato l'alt della finanza italiana, avesse ignorato l'alt dei compagni del compianto (per alcuni), Josip Broz, sarebbe stata altrettanto eroica, o avrebbe girato la barca e se la sarebbe data a nodi? Con la finanza, i carabinieri, ecc. il rischio è minimo, nessuno le spara addosso, ma i compagni di Josip prima le avrebbero mandato qualche raffica con la mitragliatrice pesante, e poi, se ancora viva, le avrebbero chiesto che cosa volesse. Qualcuno si ricorda che cosa succedeva ai pescatori di Grado, Chioggia, ecc. quando bazzicavano nelle acque territoriali Jugoslave?

Nas Tito!

Saluti
Mstatus

War Machines: la battaglia nel villaggio

Tra i cinque scenari multiplayer di guerra di cui è dotato il gioco, quello più accattivante, secondo me, è la battaglia nel villaggio. Villaggio che ricorda, soprattutto per chi abita nei paesini, il proprio paese. Nella modalità conquista bisogna prendere la piazza della chiesa e tenerla in modo che la propria squadra possa vincere la battaglia e ricevere quale premio delle casse di rifornimenti. Nell'ultimo aggiornamento del software le strade sono in porfido, e ci sono alcune aree verdi con alberi, panchine, ecc. con un recinto in legno.

Non c'è nessuno motivo tattico, né tanto meno logico, ma col mio Leopard 2 mi diverto un sacco a polverizzare le panchine e lo steccato di recinzione (si vedono persino i pezzi di legno che volano), e a sradicare gli alberelli. Peccato che non ci siano umani in circolazione da poter mettere sotto!

Lo scenario del villaggio mi ricorda tanto Tricesimo anche perché ci sono delle vie più strette, più larghe e tutto l'ambaradan che ricorda il villaggio. L'unico neo è che quando passo coi cingoli i cubetti di porfido non saltano via, come accadrebbe nella realtà, ma restano fissi al loro posto.


Poco fa ho polverizzato il T34 di un esaltato che gira con le insegne CCCP. Fuck!

Con le cuffie l'immersione nella realtà virtuale è ancora maggiore: apprezzi il rombo del motore, il passaggio degli aerei o dell'elicottero che utilizzi a copertura, i colpi a ripetizione del cannone anticarro, e soprattutto il rumore delle cannonate. A livello visivo il rinculo del carro quando spara è una vera e propria goduria!

27° Reggimento Panzer, Quinta Compagnia: Joseph Porta caporal maggiore per grazia di Dio, a rapporto! In verità a forza di combattimenti ora è diventato Tenete Colonnello con prossimo avanzamento di grado (tra un paio di livelli).

A un certo punto del video, il compagno comandante erutta l'imprecazione divenuta l'emblema dei romanzi di Sven Hassel. Fa un certo effetto ascoltarla, piuttosto che leggerla!

Saluti
Mstatus

Dagli scritti di Ludwig Von Mises - Burocrati e Burocrazia

Nel XIX secolo, i Parlamenti tendevano a restringere quanto più possibile le spese pubbliche. Ma poi il risparmio è divenuto oggetto di disprezzo. Spendere senza limiti è stato considerato una politica saggia. Tanto il partito al potere quanto l'opposizione hanno lottato per la popolarità, attraverso una politica di spesa sconsiderata. Creare nuovi uffici, con nuovi impiegati, è divenuto una politica "positiva"; e ogni tentativo di impedire lo sperpero dei fondi pubblici è stato screditato come "negativismo".

Se una grande parte degli elettori figurano sul libro paga dello Stato, la democrazia rappresentativa non può seguitare a vivere. Se i membri del Parlamento non si considerano più mandatari dei contribuenti ma rappresentanti di coloro che ricevono salari, stipendi, sussidi e altri benefici dal Tesoro, la democrazia è spacciata.

Questa è una delle antinomie presente nei problemi costituzionali di oggi. Essa ha fatto perdere a molte persone la speranza nel futuro della democrazia. Nel momento in cui ci si convince che la tendenza a una maggiore interferenza dello Stato nell'economia, la tendenza a moltiplicare gli uffici e gli impiegati, ad aumentare i sussidi e le sovvenzioni è inevitabile, si perde fatalmente la fiducia nel governo del popolo. 


Il burocrate come elettore

Il burocrate non è soltanto un impiegato statale. In un regime democratico, egli è allo stesso tempo un elettore e, come tale, partecipe della sovranità dello Stato, suo datore di lavoro. Il funzionario si trova in una posizione particolare. E il suo interesse pecuniario di dipendente sopravanza il suo interesse di padrone, dato che egli trae dai fondi pubblici molto più di quanto a essi non contribuisca.

Tale doppia relazione diventa più importante nella misura in cui aumenta il numero delle persone sul libro paga dello Stato. Il burocrate, come elettore, è più desideroso di ottenere un aumento che di mantenere il bilancio in pareggio. La sua maggiore preoccupazione è ingrossare il libro paga.

La struttura politica della Germania e della Francia, negli anni antecedenti alla caduta dei loro governi democratici, è stata in larga parte influenzata dal fatto che lo Stato costituiva una fonte di reddito per una parte considerevole dell'elettorato. Non c'erano solo le schiere dei pubblici impiegati e dei dipendenti dei servizi nazionalizzati (per esempio, ferrovie, poste, telegrafi e telefoni), ma c'erano i beneficiari del sussidio di disoccupazione e dell'assicurazione sociale, come pure i produttori agricoli e alcuni altri gruppi che lo Stato direttamente o indirettamente sovvenzionava. Il loro principale interesse era quello di assicurarsi una parte più grande dei fondi pubblici. Costoro se ne infischiavano delle questioni "ideali" quali la libertà, la giustizia, il primato della legge e il buon governo. Essi chiedevano più denaro; e questo era tutto. Nessun candidato al Parlamento, ai Consigli provinciali e comunali avrebbe potuto correre il rischio di opporti all'appetito dei pubblici impiegati, avidi di aumenti.
I vari partiti politici erano ansiosi di superarsi l'un l'altro in prodigalità.

Fair News - La porcata dei Mini Bot

Questo articolo è un post di Costantino de Blasi

Nel silenzio generale dei media, impegnati a commentare la fondamentale questione nazionale della riconferma di Di Maio alla guida del M5S, alla Camera è stata votata all'unanimità (476 favorevoli su 476 presenti) un mozione che impegna il governo all'emissione di titoli di Stato di piccolo taglio con i quali pagare i debiti della Pubblica Amministrazione.

L'ignoranza e la cialtroneria di questi molto poco onorevoli 476 rappresentanti del popolo raggiunge nuove vette mai viste.

I casi di emissione di moneta fiscale si contano sulle dita di una mano; uno fu nel 1933 ad opera della Repubblica di Weimar. Basterebbe questo, eppure i nostri emulatori di disastri non se ne curano.

L'emissione di minibot equivale senza alcun dubbio ad emissione di nuova moneta, ipotesi in aperto contrasto con col Trattato di Funzionamento dell'Unione Europea. Lo dice anche Banca d'Italia, costretta a chiarire nel 2017 come funziona il mercato monetario e quali rischi rappresenterebbe questa boiata.


Gli effetti sono facilmente intuibili.

a) Ammesso che lo strumento venga accettato dal creditore, il quale sa che l'unico strumento di pagamento riconosciuto è quello a corso legale (quindi monete metalliche e banconote), l'emissione di minibot è una passività per lo Stato; quindi debito pubblico aggiuntivo. Per un bilancio che necessita quest'anno di 390 miliardi di nuove emissioni (al netto di eventuale fabbisogno aggiuntivo) equivale a scavare la propria fossa con le mani.

b) I titoli di stato, mini o max che siano, entrano nell'aggregato monetario M3, quindi producono inflazione. Il modo migliore, più rapido e più doloroso per erodere il potere d'acquisto dei redditi.

c) Sono titoli di debito e quindi pagano gli interessi. Con lo spread a 300 e livelli da Grecia indubbiamente una bella mossa.

d) Una volta incamerati per saldare i conti con la PA non possono essere spesi se non, nell'ipotesi Borghiana-Zibordiana, per pagare le tasse. Quindi l'amministrazione pubblica emette carta, paga interessi su carta e poi reincassa carta.

e) Il segnale che si dà ai mercati è di incapacità di onorare gli impegni e inaffidabilità. Quale pazzo sottoscriverebbe un prestito ad un debitore che si inventa mezzi illeciti per rimborsare?

f) Una volta emesso il titolo lo stato può sempre annullarlo, lasciando il creditore con in mano un pezzo di carta buono neanche per il camino (a quelli che arriveranno sentenziando che i titoli sono dematerializzati relax, è solo una metafora).

g) Violazione certa e gravissima dei trattati sull'emissione di strumenti monetari. Richiamo, sanzione, isolamento in Europa e sacrosanto appellativo di bugiardi mangiaspaghetti dai nostri sconsolati partner europei che non ne potranno più di avere a che fare con cialtroni.

Di questa orrenda pagina di ignoranza crassa sono responsabili tutti, dai sovranisti incazzati (Lega+FdI) ai sovranisti confusi (M5S), ai sovranisti "illuminati" (FI), ai sovranisti comunisti (Fassina), ai diversamente euopeisti (PD), agli euopeisti convinti (+Europa).

A tutti questi signori una sola parola: VERGOGNA!

Psicopatologia del Comunismo - Raffaello Vizioli

Vladimir Bukovskij disse molto tempo fa che non può esistere un comunista intelligente e in buona fede: se è in buona fede, è un cretino, se è intelligente ha interessi personali sufficientemente loschi per esserlo. Il grande dissidente russo non era a conoscenza di un’altra variabile, oltre alla sua condivisibile interpretazione.

La terza alternativa veniva proposta nel 1996 dal professor Raffaello Vizioli, ordinario di Neurologia all’Università “La Sapienza” nonché vice-presidente della Società italiana di Psichiatria biologica, in un saggio dal titolo “Psicopatologia del comunismo”. Al di là delle specificazioni didattiche, e valutando soltanto il comportamento verbale e non verbale dei vari comitati antifascisti e pacifisti, si può facilmente arrivare ad una diagnosi di psicosi paranoide con ragionevole certezza.

Il pensiero del comunista è organizzato su uno schema esclusivamente emotivo, che nega qualsivoglia parametro di realtà e che agisce sugli strati pulsionali e primitivi del sistema rettile del cervello.

Il meccanismo psicopatologico è facilmente comprensibile con alcuni esempi. “Il comunismo ha sempre combattuto per la democrazia, la libertà e il benessere dell’uomo”. Ora, c’è qualcuno che possa documentare questa affermazione in un qualunque paese del mondo – dalla Rivoluzione di ottobre ad oggi? C’è qualche popolo che possa testimoniare sulla prosperità ottenuta e sui diritti individuali esercitati in un potere comunista? Nessuno.

I disastrati apologeti ti risponderebbero che quello non era il “vero” comunismo, e che il vero comunismo è altro e altrove. “Il comunismo è il difensore delle minoranze e delle ragioni personali”. Dove? In Italia, dove il PCI espelleva l’omosessuale Pasolini per indegnità morale? In Spagna, paese europeo che ha conosciuto la più sanguinaria eliminazione degli anarchici alleati? All’Est? Dove in nome dell’ateismo di Stato vennero imprigionati e soppressi decine di migliaia di cristiani e le chiese trasformate in granai?

“Il comunismo è per la pace tra i popoli”. È un po’ difficile da sostenere questa tesi da parte di una ideologia che ha procurato oltre cento milioni di morti, a meno che per pace non si consideri quella eterna cimiteriale di tutti gli oppositori attivi, e quella della censura poliziesca che ha riempito carceri e gulag di dissidenti di ogni tipo.


Gli esempi potrebbero continuare, ma una domanda sorge spontanea: se questa è una malattia, quale potrebbe essere la cura? È qui che la questione si fa scottante.

Il problema clinico è talmente grave che rientra in quei disturbi che vengono considerati non solo incurabili, ma addirittura intrattabili. L’ideal-tipo comunista è un narcisista talmente invischiato nella propria falsa identità che non può tollerare un confronto con la realtà.

I suoi meccanismi difensivi sono quelli primitivi: la negazione, che allontana ogni responsabilità e presa di coscienza, e la proiezione, che rinvia ad altri ogni causa dei fallimenti e delle frustrazioni. Mentre da un lato c’è una percezione inconscia, e inammissibile razionalmente, del fallimento personale e politico, dall’altro subentra una compensazione patologica per affrontare il senso di impotenza e di delusione.

La sua debolezza, la sua incompetenza e la sua disgrazia esistenziale scatenano delle reazioni eccessive che, alla fine, diventano un vero e proprio abito mentale ed una struttura caratteriale. Il comunista non accetta l’incertezza, quindi la dialettica ragionata, ma vive e si relaziona con l’altro e il mondo circostante solo attraverso il filtro del sospetto e della diffidenza, perché le sue difese psicotiche – fondamentali per sostenere una pur distorta immagine idealizzata di sé – gli impediscono di confrontarsi con punti di vista altrui, di accettare un livello di fiducia, di condividere ipotesi e prospettive.

Il mondo comunista è una “pseudocomunità paranoide”, cioè un sistema immaginario dentro al quale c’è la verità e la giustezza, mentre fuori prevale un dispositivo persecutorio e cattivo.

Tale stato psichico comporta necessariamente un unico sentimento: l’odio. In altre parole, se tutto è interpretato contro di lui, tutto è nemico, quindi da odiare e da distruggere. All’interno di questa logica perversa e regressiva, il contraddittorio non può essere tollerato e l’unica azione possibile è tacitare chiunque sia percepito come un pericolo per la propria identità contraffatta e malata.

Stravolgimento della realtà, negazione della stessa e presunzione di verità assoluta da imporre con ogni mezzo. Questa è la dinamica paranoica e comunista. Si racconta da parte di Trockij che di fronte ad un progetto velleitario e inconcludente di Lenin, questi abbia risposto: “Se il mio piano contrasta con la realtà, peggio per la realtà”. Lenin ha fallito, il comunismo è miseramente finito, l’unica cosa certa – al di la dell’impossibile dialogo – è che questi relitti rimasti moriranno pazzi." -

Psicopatologia del Comunismo - Raffaello Vizioli

Frédéric Bastiat | Sofismi Economici - Il furto a premio

Poiché l’occasione ci è stata così benignamente offerta, studiamo il furto a premio. 

Ciò che se ne può dire si può applicare altrettanto bene al furto a tariffa; e poiché questo è un po’ meglio mascherato, la truffa diretta aiuterà a comprendere la truffa indiretta. 

Lo spirito procede così dal semplice al complesso.


Ma non esiste qualche tipo di furto ancora più semplice? Certo che esiste: il furto sulla strada principale: manca solo che sia legalizzato, monopolizzato, o, come si dice oggi, organizzato.

Ora, ecco quello che leggo in un racconto di viaggi:

«Quando arrivammo al regno di A..., tutte le industrie si dicevano sofferenti. L’agricoltura gemeva, la fabbrica si doleva, il commercio mormorava, la marina brontolava, e il governo non sapeva chi stare a sentire. Dapprima ebbe l’idea di tassare per bene tutti gli scontenti, e di distribuire tra di loro il prodotto di queste tasse, dopo aver preso la propria parte: questo sarebbe stato come, nella nostra cara Spagna, la lotteria. Voi siete mille, lo Stato prende una piastra a ciascuno; poi sottilmente fa sparire di nascosto 250 piastre, e ne distribuisce 750, in lotti più o meno grandi, tra i giocatori. Il bravo Hidalgo che riceve tre quarti di piastra, dimenticando che ha dato una piastra intera, è fuori di sé per la gioia, e corre a spendere i suoi 15 reali all’osteria. Sarebbe stato pure come quello che succede in Francia. Comunque sia, per quanto barbaro fosse il paese, il governo non ebbe tanta fiducia nella stupidità dei suoi governati per fare accettare loro delle così singolari protezioni; ed ecco quello che immaginò: Il paese era percorso da molte strade. Il governo le fece esattamente chilometrare, poi disse all’agricoltore: «Tutto ciò che potrai rubare a chi passa fra questi due limiti è tuo: questo ti valga come premio, come protezione, come incoraggiamento».

In seguito, assegnò ad ogni industriale, ad ogni armatore, una porzione della strada da utilizzare, secondo questa formula:

Dono tibi et concedo
Virtutem et possantiam
Volandi,
Predandi,
Derobandi,
Truffandi,
Et scroccandi,
Impune per totam istam
Viam.

Ora, successe che i nativi del regno di A... si sono oggi così familiarizzati con questo ordinamento, così abituati a tener conto solo di ciò che rubano e non di ciò che viene rubato loro, sono così profondamente inclini a considerare la preda solo dal punto di vista del predatore, che considerano come un profitto nazionale la somma di tutti i furti particolari, e rifiutano di rinunciare ad un sistema di protezione al di fuori del quale, essi dicono, nessuna industria potrebbe sopravvivere.

Voi protestate? Non è possibile, dite, che tutto un popolo consenta a vedere un sovrappiù di ricchezze in ciò che gli abitanti si rubano a vicenda?

E perché no? Abbiamo in Francia questa stessa convinzione, e ogni giorno vi organizziamo e perfezioniamo il furto reciproco sotto il nome di premi e tariffe protettrici.

No, non esageriamo per niente: d’accordo, riguardo al modo di riscossione e alle circostanze collaterali, il sistema del regno di A... può esser peggiore del nostro; ma diciamo anche che, riguardo ai principi e agli effetti necessari, non vi è un atomo di differenza fra tutti questi tipi di furti legalmente organizzati per fornire profitti supplementari all’industria.

Notate anche che se il furto sulla strada principale presenta qualche inconveniente di realizzazione, ha però dei vantaggi che non si trovano nel furto a tariffa.

Per esempio: si può fare una ripartizione equa fra tutti i produttori. Non è così invece dei diritti doganali. Questi, per loro natura, non possono proteggere certe classi della società, come gli artigiani, i commercianti, gli uomini di lettere, quelli di legge, i militari, i proletari, etc., etc.

Vero è che il furto a premio si presta anche a suddivisioni infinite, e sotto questo aspetto non è meno imperfetto del furto sulla strada principale; ma d’altra parte conduce spesso a risultati così bizzarri, così sciocchi, che i nativi del regno di A... avrebbero ben ragione a deriderli.

Ciò che il derubato perde nel furto sulla strada maestra è guadagnato dal ladro. Ma l’oggetto rubato resta almeno nel paese. Sotto il regime del furto a premio invece ciò che l’imposta sottrae ai francesi è data spesso ai cinesi, agli ottentotti, ai cafri, agli algonquini; ed ecco come:

Una pezza di stoffa vale cento franchi a Bordeaux. È impossibile venderla al di sotto di questo prezzo senza perderci; impossibile venderla al di sopra di quel prezzo, la concorrenza fra i commercianti vi si oppone. In queste circostanze, se un francese si presenta per avere questa stoffa, deve pagarla cento franchi, o deve farne a meno. Ma se è un inglese, allora il governo interviene, e dice al commerciante: «Vendi la tua stoffa, io ti farò dare venti franchi dai contribuenti». Il mercante, che non vuole né può ottenere che cento franchi dalla sua stoffa, lo dà all’inglese per 80 franchi. Questa somma, aggiunta ai 20 franchi, prodotto del furto a premio, fa tornare giusto il suo conto. È esattamente come se i contribuenti avessero dato 20 franchi all’inglese, sotto la condizione di poter comprare stoffa francese con 20 franchi di sconto su quello che costa a noi stessi. Dunque il furto a premio ha questo di singolare, che i derubati sono nel paese che lo sopporta, e i derubanti sulla superficie del globo.

È veramente miracoloso che si persista a considerare per dimostrata questa proposizione: Tutto ciò che l’individuo ruba alla massa è un guadagno generale. Il moto perpetuo, la pietra filosofale, la quadratura del cerchio sono caduti in oblio, ma la teoria del Progresso col furto è ancora in grande onore. A priori si sarebbe potuto credere che di tutte le puerilità questa fosse la meno vitale.

C’è chi ci dice: «Voi siete dunque i partigiani del laissez passer? Economisti della vecchia scuola di Smith e di Say, non volete dunque l’organizzazione del lavoro?» Eh! Signori, organizzate il lavoro come vi pare, ma noi controlleremo che non siate voi ad organizzare il furto.

E molti altri ci ripetono: «Premi, tariffe, tutto ciò ha potuto essere esagerato. Bisogna usarne senza abusarne. Una saggia libertà, combinata con una protezione moderata, ecco ciò che reclamano gli uomini seri e pratici: guardiamoci dai principi assoluti».

Questo è precisamente ciò che, secondo il viaggiatore spagnolo, veniva detto nel regno di A..: «Il furto sulla strada principale, dicevano i saggi, non è né buono né cattivo: dipende dalle circostanze. Si tratta solo di ponderare bene le cose, e di pagar bene noi ufficiali, per quest’opera di ponderazione. Forse si è lasciato troppo spazio alla rapina; forse non abbastanza. Vediamo, esaminiamo, bilanciamo i conti di ogni lavoratore. A quelli che non guadagnano abbastanza noi daremo un poco più di strada da utilizzare. Per quelli che guadagnano troppo ridurremo le ore, i giorni, o mesi di rapina».

Coloro che parlavano così, acquistarono una grande fama di moderazione, di prudenza, e di saggezza. Essi non mancavano mai di giungere alle più alte cariche dello Stato.

Quanto a quelli che dicevano: «Eliminiamo le ingiustizie e le frazioni d’ingiustizia; non tolleriamo il furto, né il mezzo-furto, e nemmeno il quarto di furto», costoro passavano per ideologi, sognatori noiosi che ripetevano sempre la stessa cosa. Il popolo, del resto, trovava i loro ragionamenti troppo alla sua portata. Come si può credere vero ciò che è così semplice?

Bignami di Storia d'italia dal secondo dopoguerra ad oggi

Questo articolo è una riflessione di Mauro Gargaglione

Siccome pagare le tasse è un atto individuale, lo Stato avrà sempre buon gioco a inchiodare ll contribuente che non paga, invece spaccare vetrine e mettere a ferro e fuoco la proprietà privata è un'azione collettiva e concertata.

Il leviatano statale campa su milioni di atti individuali che può perseguire uno ad uno, quindi è tranquillamente in grado di tollerare le violenze collettive, perché sono assai di più gli individui inchiodabili per mancato pagamento delle tasse, milioni, che un gruppo di manifestanti facinorosi che possono rispondere con la violenza, solo poche centinaia.

Si dà un solo caso nel quale gli individui che non pagano le tasse diventano milioni, quindi impossibili da perseguire per mantenere la base contributiva sufficientemente ampia per alimentare il leviatano, il caso in cui viene distrutta l'economia privata, cioè la produzione di ricchezza netta.

La conseguenza è che la mancata contribuzione non è più una scelta dell'individuo isolato ma un'azione logica delle persone.

Se manca il reddito crolla la contribuzione.

Le fasi del processo sono chiaramente riconoscibili nella storia d'italia dal secondo dopoguerra in avanti da chiunque si prenda la briga di rifletterci un po'.


Fase 1

La macchina statale è di ridotte dimensioni e quindi di ridotte pretese fiscali.

Gli individui sono relativamente liberi di inventarsi come arricchirsi sul mercato che ha un basso livello di interferenza statale.

Fiorisce l'iniziativa privata e la creatività di imprenditori, tecnici e maestranze viene ammirata in tutto il mondo.

In Italia furono gli anni del boom economico.

Le persone iniziano ad accumulare una rilevantissima quota di risparmio privato.

Immagine da L'Adigetto

Fase 2

La politica, sempre a caccia di consensi, ingrossa le file della pubblica amministrazione per ottenere voti dai beneficiati.

La sinistra intanto pompa sulla cultura dello Stato buono e del padrone cattivo da tenere al guinzaglio.

Siamo nei formidabili (per Capanna) anni '70. Lo Stato comincia a gonfiarsi sempre di più, unitamente alla cultura dell'invidia sociale.

In questa fase le tasse sono ancora sopportabili perché il fabbisogno di quattrini viene soddisfatto attraverso il combinato disposto di accumulo di debito e stampa di quattrini la quale innesca un'alta inflazione che trasferisce ricchezza dai ceti produttivi a quelli parassitari, cioè è una mega tassa sul ceto medio ma il cittadino non lo sa.

In questa fase esplode la fioritura del capitalismo relazionale, nascono un sacco di imprenditori amichetti che pagano profumatamente la politica che gli fa leggi di favore per obbligare i consumatori a servirsi da loro pagare di più.

Il sistema economico sano però è ormai alle corde.

Gli interessi per piazzare il nostro debito pubblico sono troppo alti, segno che chi li compra si fida poco e vuole essere ben pagato.

C'è un solo modo per abbassarlo, farselo garantire da stati apparentemente più seri.

Dobbiamo giocoforza entrare nell'euro.


Fase 3

Dopo sette/otto anni di gozzoviglie politiche favorite dal basso interesse sui titoli di Stato, che invece di rappresentare un'occasione per segare la spesa pubblica ne incentivano l'ulteriore aumento, scoppia la crisi dei subprime americani che innesca poco dopo quella dei debiti sovrani.

Non potendo più accumulare debito e stampare moneta, lo Stato comincia a stringere i bulloni della repressione fiscale, servono quattrini sporchi, maledetti e subito.

Si dichiara la guerra al contante per costringere le persone a tenere i loro risparmi inchiodati in banca dove, se serve, lo Stato può mettere sopra le mani.

Obiettivo quotidiano, arrivare a sera, domani ci penseremo.

Risultato, qualunque azienda che non è degli amichetti ha valore in quanto pagatrice di tasse, se non ce la fa, che fallisca pure.

E così succede, facendo esplodere la disoccupazione privata e mettendo in serio rischio il gettito. 

Chi può sbaracca e delocalizza. 

Chi vive di consumi interni non ha scampo. 

La domanda crolla.

Quindi il Leviatano non può far altro che intervenire su ciò che rimane sul risparmio privato di quello che fu il popolo più risparmiatore del mondo, che ci rendeva così ingenuamente tranquilli di riuscire a superare senza troppi danni la crisi economica.

Ma non è più una crisi economica, perché non passa e non passerà finché non deflagra lo Stato che ne è il responsabile assieme a coloro che campano di esso.

Una critica spietata al non più "Bel Paese"

Come ha detto Piero Angela: questo paese è morto. Chiunque abbia talento e/o buona volontà, se ne vada prima che può, perché qui non verrà premiato. Non cascate nel subdolo tranello di quelli che vi dicono che siete vigliacchi se ve ne andate invece di lottare per il "vostro" paese. Il paese non è vostro, lo Stato non siamo noi, sono loro. Il paese è un feudo di chi lo controlla ed essi decidono quali e quanti sono i beneficiari della loro generosità. Tutti gli altri? Servi della gleba e bravi manzoniani. In cosa consisterebbe questa "lotta"? Farsi il culo per vedere tre quarti del proprio lavoro estorto e regalato a qualcun altro? Essere pure malvisti e vessati continuamente? Non ci cascate, vogliono solo farvi sentire in colpa e fare in modo che restiate qua a spendere le vostre energie e le vostre abilità, così da creare la ricchezza che poi loro succhieranno avidamente, senza nemmeno un grazie. Le vostre energie gli servono per sopravvivere, sono terrorizzati al solo pensiero di dover rinunciare al diritto divino di fare un cazzo ed essere pagati con stipendi fuori da ogni logica presente sul pianeta, con inoltre tutta una serie di privilegi anacronistici, ingiustificati e incomprensibili. 

Il livello di tensione e di frustrazione in Italia si nota dal fatto che troppe discussioni, su qualsiasi argomento, sono influenzate pesantemente dalla politica del momento. Le posizioni vengono prese subito, anche senza cognizione di causa, e difese a oltranza, sfociando spesso in offese e insulti che invadono il piano personale. Diventando non poche volte delle vere e proprie minacce. Politica, politica, politica. Qualsiasi argomento è invaso dalla politica. A dimostrazione di come nel "bel paese" - sì, belli i tempi in cui l'Italia era considerata tale - la vita dei cittadini sia costantemente invasa dallo Stato. Non solo con i suoi inadeguati politici, ma con tasse insopportabili, sprechi intollerabili, burocrazia asfissiante, giustizia che non funziona, pubblica amministrazione inefficiente, regalie fatte agli amici degli amici, servizi scadenti, doppiopesismo giudiziario, eccesso di dipendenti statali, nullafacenti stipendiati tramite i soldi estorti ai contribuenti che lavorano davvero e che infatti stanno scappando tutti, piano piano. Inutile che cerchiate di impedirlo vietando la delocalizzazione, vietando l'espatrio (vedrete, faranno pure questo un giorno), il sistema Italia è irriformabile. Mi vengono in mente le parole di Boccia "Cottarelli stia sereno, è la politica che decide come utilizzare i soldi" che rimandano a un più simpatico "Io so io e voi non siete un cazzo". Vediamo ogni giorno come usano bene i nostri soldi. 

Il sistema pensionistico è un colossale Schema Ponzi, forse il più grande mai visto prima, e tra pochi anni lo vedremo implodere su se stesso. Prima di questo però sappiate che vi dissangueranno con le tasse su ogni cosa, più che potranno. Indeboliranno a livelli estremi il vostro potere d'acquisto - se domani il governo decide arbitrariamente che le banconote da 100 euro non varranno più un cazzo, non varranno più un cazzo, ecco che genere di moneta abbiamo - aggrediranno i vostri risparmi, le banche falliranno una ad una, in una spaventosa catena di disperazione, vi esproprieranno lentamente dei vostri beni, prima immobili e poi gli altri, per la ragion di Stato, per un fantomatico "bene comune". Naturalmente loro si saranno già assicurati una degna protezione, vari paracaduti e salvagenti, per loro e i loro amici e parenti. E ovviamente pagherete tutto voi. 

Fonte dell'immagine: Sbroccare male
Al degrado economico si affiancano il degrado sociale e morale. Livelli di ignoranza da terzo mondo, in cui però non hanno la possibilità di istruirsi e acculturarsi, mentre qui le possibilità sono molte, manca la voglia. Vedremo organizzazioni criminali di tutto il mondo rendere le periferie delle città (e non solo) le loro conquiste, in collaborazione con le mafie nostrane, sempre più feroci e potenti, grazie anche a una nota collusione con l'apparato statale. Se volete immaginarvi il futuro dell'Italia, guardate alla Grecia, poi al Venezuela, con un pizzico di Messico sul piano criminale.

A condire il tutto c'è l'astio generazionale. Un malcelato e reciproco disprezzo, quando non odio, tra giovani e vecchi. Intendiamoci: i "vecchi" sono in larga parte quelli della generazione fortunata, ovvero coloro che hanno sfruttato la situazione favorevole creata dai loro predecessori e hanno distrutto tutto per i loro successori. Quelli che si permettevano di uscire di casa e alla prima azienda a cui chiedevano un lavoro lo ricevevano. Se lo perdevano, ne trovavano un altro subito dopo. Ecco, questi sono i grandi vecchi che dicono ai giovani (e anche meno giovani) che devono lottare per il paese che loro stessi gli hanno distrutto. 

Metafora evoluzionistica. Una Tribù nella quale gli anziani, i "saggi", smettono di fare da guida e da consiglieri ai giovani, i "guerrieri", ma si dedicano soltanto a mangiare a sbafo sulle loro spalle, a denigrarli, a sfruttarli ed umiliarli, è una Tribù destinata all'estinzione. Arriva il punto in cui i giovani forti si rifiutano di sgobbare per mantenere anziani di quel tipo, smettono di procacciare loro il cibo, di offrire loro protezione, arrivano addirittura ad eliminarli loro stessi. Poi, tali giovani, privi di guide, andranno incontro alla decimazione. Il destino di tali Tribù sarà quello di finire soppresse o ridotte in schiavitù da altre Tribù, in cui giovani forti sono guidati da anziani saggi.

Nel frattempo siamo anche costretti a sopportare questa tensione sociale in cui rincoglioniti fascisti fanno sparatorie a caso e rincoglioniti antifascisti fanno pacifismo pestando la gente. Ci sono già abbastanza criminali in giro, dobbiamo adesso avere paura di essere collateralmente coinvolti anche negli scontri tra questi gruppi di animali decerebrati? Con partiti di "destra" e di "sinistra" che giocano alla strategia della tensione e cercano di alzare l'asticella ad ogni episodio. Tutto per evitare di parlare di quanti soldi si stanno mangiando e si mangeranno ancora. I vostri soldi. Quelli che potreste avere in saccoccia se non ci fossero milioni di zavorre che parassitano in questa Cloaca Maxima. Simpatici quelli che parlano di uguaglianza sociale. Ognuno di loro commette un errore molto sottile ma molto grave: prende come riferimento il proprio livello e vorrebbe tutti livellati come lui. Ma il livello giusto lo deciderà lo Stato per voi, non sarete voi a deciderlo. Buona fortuna.

Di consigli ce ne sarebbero molti da dare, ma non li do più. Non gratis. Sono anni che mi prendo pesci e merda in faccia e vedo sempre concretizzarsi ciò che avevo previsto. L'unico consiglio gratis è questo: andatevene senza voltarvi. Se proprio dovete voltarvi fatelo per sputare in faccia a chi vi ha riempiti di sputi fino ad oggi. A tutti i parassitoidi che hanno portato alla morte il loro ospite. D'altronde, l'ha detto pure la Bonino: siete solo stati fortunati a nascere in Italia. Sentitevi in colpa pure per questo. Fatele un favore, andatevene e portate il vostro tempo e qualità da qualche altra parte, che qui non sono apprezzati né rispettati. 

C'è una guerra fredda in corso. Gli equilibri sono precari, i vecchi schemi tenteranno in ogni modo di combattere quelli nuovi. Chi si ritroverà in mezzo a questa lotta diventerà solo carne da macello. Concime per il futuro.

Nel dubbio, concentriamoci a proteggere e far sorridere i bambini. Se siamo capaci almeno di fare questo.

Saluti
Vidocq

Il Grande Fratello orwelliano operativo in Cina

Breve commento ispirato da questo articolo: Il Grande Fratello in Cina. Una vera e propria dittatura digitale come quella immaginata da George Orwell


Naturalmente ora faremo tutti finta di niente e ci sarà anzi una pletora di burocrati e loro clientele varie che apprezzeranno molto questa mirabolante idea futuristica. Chiunque faccia già parte dell'Apparato dei Controllori non potrà che esserne entusiasta e promuoverlo con tenacia per il "bene comune". 

Gli organi di stampa, in loro totale asservimento, ci illumineranno con le loro attente analisi dei vantaggi di questo nuovo Sistema. Raggiungendo il tanto agognato traguardo di un regime totalitario ipertecnologico e pertanto incontestabile, "non soggetto a errori umani". 

Ci saranno poi enormi masse di inutili vermi ma utili idioti che gli daranno retta, speranzosi di riceverne in cambio la pietà e per i più meritevoli un posticino al caldo in qualche ufficetto di vessatori di professione.

Immagine da Il Quorum
Così finalmente, tramite un pervertito sistema "democratico", questi parassitoidi completeranno la loro opera di rendere odiosa la vita dei posteri, con l'illusione di aver messo al sicuro il futuro dei loro discendenti, dimenticandosi che ad ogni giro di giostra democratica oppressi ed oppressori si invertono di ruolo e sono sempre più vendicativi.

Chi paga sempre e comunque sono quei poveretti che tengono su la baracca oggi e quelli che dovranno tenerla su domani, costantemente controllati e minacciati di ritorsioni alla minima critica, come quella che sto facendo io ora.

La Tecnologia è uno strumento, dobbiamo decidere se vogliamo utilizzarlo per aumentare la libertà degli individui oppure per opprimerli. Tertium non datur. Vedremo se sapremo comportarci da esseri superiori a delle rane bollite.

Saluti
Vidocq

Il successo della Svizzera? Racchiuso in 7 segreti

Articolo di di Gerd Haberman

La Svizzera gode di una stabilità praticamente ineguagliata nel resto del mondo. Che cosa fa meglio degli altri? Qual è il suo vantaggio competitivo? E come riuscirà a mantenerlo? Il verdetto è univoco. Nel confronto internazionale, sia in termini di localizzazione e di libertà, sia del numero di premi Nobel e della qualità di scienziati, imprenditori, artisti e poeti, da tempo la Svizzera è sempre ai primi posti. Per la quarta volta consecutiva, il Forum economico mondiale ha dichiarato la Svizzera il paese più competitivo del mondo, davanti a Singapore, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi. 

Nelle categorie capacità innovativa ed efficienza del mercato del lavoro è in testa alla classifica. L’economia svizzera è apprezzata per la sua stretta collaborazione con la scienza. Gli enti pubblici del paese sono ritenuti tra i più efficienti e trasparenti. Anche se la Svizzera è un paese piccolo, sotto il profilo economico figura tra le potenze di medio calibro. Nello scenario internazionale, si colloca al 20° posto per PIL, è in 9a posizione nelle statistiche sull’export e in 5a per l’esportazione di servizi. E soprattutto: è uno tra i paesi più ricchi del mondo. Anche a fronte delle attuali sfide economico-politiche, il debito pubblico e la disoccupazione, la Svizzera esce a testa alta. Mentre paesi un tempo solidi sono sull’orlo dell’insolvibilità, negli ultimi dieci anni la Svizzera ha addirittura ridotto sensibilmente il suo indebitamento, dal 55 al 35 per cento circa sul prodotto interno lordo. E il tasso di disoccupazione, che in Europa si è attestato ai livelli più alti mai visti dalla nascita dell’unione monetaria nel 1999, qui ristagna intorno al 3 per cento. 


Quali sono i motivi di questo successo? Quali sono i segreti della Svizzera? Io vedo sette vantaggi competitivi.


1 - Micro Stato 

La Svizzera non rientra tra le “economie di scala”, di cui tanto si parla in economia. Al contrario. Considerate le sue piccole dimensioni, ha più successo dei vicini più “grandi”. Non è certo un caso che, proprio in Svizzera, Jean-Jacques Rousseau (1712–1778) sia stato il primo dopo Aristotele a elaborare una teoria sulle dimensioni politiche ottimali: “Ogni entità statale ha un ordine di grandezza che non può essere superato, e dal quale spesso si allontana a furia di ampliarsi”. Quanto più è vasta la compagine sociale, tanto più tenderà a disgregarsi. In proporzione, uno stato piccolo è generalmente più forte di uno grande. Ciò vale anche qualora esso, come nel caso della Svizzera, sia caratterizzato da una grande eterogeneità. Rousseau fonda quest’affermazione sulle seguenti considerazioni: sulle lunghe distanze, l’amministrazione dello Stato risulta più faticosa, essa inoltre comporta maggiori oneri nella misura in cui si moltiplicano gli organi di governo. Ciascun organo deve essere pagato e il più oneroso è quello più alto: Vi sono poi i vertici di governo, che soffocano tutto il resto. Il governo ha meno slancio e rapidità nel far rispettare le leggi, combattere i soprusi e prevenire le ingiustizie. Inoltre le medesime leggi non possono essere applicate alle province, che operano in contesti geografici e culturali diversi.

2 - Vera Democrazia 

In virtù delle sue dimensioni relativamente ridotte e del suo estremo frazionamento, la Svizzera ha il vantaggio comparativo della democrazia diretta. La Svizzera non ha mai attraversato un’epoca di assolutismo statale. Non è mai stata, e non è tuttora, uno Stato burocratico alla stregua della Germania o della Francia. In nessun altro luogo al mondo i cittadini hanno tanta voce in capitolo, basti pensare all’elezione popolare dei giudici e al voto sull’indebitamento pubblico. Solo qui la democrazia non è una parola vuota, solo qui i cittadini possono ancora assumere incarichi che nei grandi Stati sono affidati a funzionari e costosi politici di professione. L’eguaglianza repubblicana è un valore assoluto. La “grandezza”, sia in politica (il grande individuo) sia in economia (la grande SA), è vista con sospetto. L’intensa partecipazione e la corresponsabilità politica hanno promosso la formazione politica dei cittadini, per cui risulta in certa misura giustificato il paradosso: un cittadino svizzero militante è politicamente meglio informato del deputato medio del Bundestag tedesco. “L’Etat – c’est nous”: un’affermazione che appartiene più ai cittadini svizzeri che alle vicine democrazie di rappresentanza. Di fatto, la Svizzera è più una “società cooperativa” che uno “Stato sovrano”. Da un lato il sistema della milizia sostituisce la casta dei politici di professione, dall’altro, in ambito militare, ha ostacolato il costituirsi di un ceto autoritario di ufficiali. La Svizzera non si è mai configurata come uno Stato burocratico e partitico sul modello tedesco. In Svizzera l’amministrazione dello Stato è rimasta in larga misura autonoma o, ancora di più, un vero “autogoverno”, nonostante gli oltre 30’000 funzionari pubblici federali.

3 - Decentralizzazione 

Un altro vantaggio della Svizzera è la sua ampia decentralizzazione, che si potrebbe addirittura definire come “non centralizzazione” perché, fatta eccezione per l’episodio della Repubblica Elvetica (dal 1798 al 1803), non è mai stata centralizzata. Non ha una capitale né un capo di Stato o un capo di governo secondo il modello tedesco. Qui si può sperimentare come dalla concorrenza tra le forze politiche scaturisca un servizio ineccepibile al cittadino. Sia i cantoni sia i comuni dispongono di potere reale, a cominciare dalla sovranità fiscale. La Confederazione può disporre delle entrate tributarie solo in minima parte e prevede un diritto d’imposizione precario. A ciò si aggiungano gli ampi diritti dei cantoni e dei comuni, le cui forti competenze finora non hanno permesso al mercato interno svizzero di realizzarsi pienamente. La diversità viene concepita come opportunità, non come disparità indesiderata, da compensare con l’”armonizzazione”. La divisione verticale dei poteri in virtù dell’efficace organizzazione cantonale e comunale determina margini di libertà e scelta molto più ampi rispetto alla separazione orizzontale vigente nei grandi Stati o negli imperi (insidiata spesso da eccessiva partitocrazia e dalla burocrazia).

4 - Sussidiarietà 

L’estremo frazionamento territoriale della Svizzera determina anche un’interpretazione del principio di sussidiarietà che è del tutto inedita in Europa. Essa prevede l’applicazione coerente dei seguenti principi: più competenza possibile verso il basso, meglio privato che pubblico, meglio informale che formale. In nessun altro luogo, questa sintesi di globalizzazione e cosmopolitismo è così ben riuscita come in Svizzera. Per le sue dimensioni, la Svizzera nel confronto europeo è il paese più orientato all’esterno attraverso un continuo scambio economico, finanziario, culturale, scientifico, giuridico e sportivo, nonché più in stretto contatto con l’Europa e il mondo (basti pensare alla sua varietà etnica-culturale, coesa solo da una volontà politica comune). La limitatezza delle forze decisionali determina l’intensità della vita politica, la pertinenza delle decisioni – seppure non di tutte – e una vitalità che è sconosciuta negli Stati di grandi dimensioni, con le loro desolanti burocrazie su larga scala. In nessun altro luogo la teoria della “concorrenza come processo di scoperta” di Friedrich August von Hayek valorizza meglio la conoscenza diffusa individuale come in questa piccola nazione e nelle sue ancora più piccole sottounità. L’estrema frammentazione e la non centralizzazione, infatti, producono anche una certa flessibilità di fronte alle crisi, che manca alle grandi entità politiche ed economiche. La portata delle decisioni sbagliate è relativamente limitata.

5 - Principio di milizia 

In Svizzera i partiti, la burocrazia e i gruppi d’interesse non sono sovrani, ma semplici servitori della volontà politica dei cittadini. Il regime burocratico centrale di Bruxelles dimostra, come si evince dai rapporti della Corte dei conti europea, quale sia il prezzo da pagare quando il controllo politico indipendente è assicurato da un sistema di milizia e dalla trasparenza dei presupposti: ha il sopravvento la professionalità burocratico-tecnica, unita a un lobbismo ben mascherato. I politici di professione e i funzionari continueranno a nutrire la comprensibile esigenza di ampliare il loro repertorio di opportunità, i budget forzatamente finanziati e le prospettive di carriera. Tuttavia, un piccolo Stato come la Svizzera è, come stiamo di nuovo constatando, politicamente più ricattabile di un grosso Stato. Questo è chiaramente uno svantaggio. Per assicurare la sua indipendenza, ha avuto bisogno di fortuna storica: l’hanno aiutata fattori geopolitici come la gestione dei passi centrali o il geloso desiderio di equilibrio dei grandi Stati concorrenti.

6 - Porto sicuro per capitali e cervelli 

Da tempo la Svizzera funge da roccaforte dell’indipendenza spirituale, in quanto approdo sicuro nel mare in tempesta della politica e, come noto, dell’economia. Di conseguenza può costantemente incrementare il suo capitale intellettuale e monetario attingendo dall’esterno. Soprattutto in tempi di crisi, ha offerto un porto di approdo da Voltaire in poi, fino ai perseguitati liberali, democratici o socialisti del XIX e XX secolo. Ha difeso anche Lenin, un atto generoso all’insegna di un diritto all’asilo e all’accoglienza che dovrebbe essere svincolato da qualsiasi bandiera politica o ideologica. Ciò dipende anche dalla sua rigorosa neutralità, che pone la Svizzera nella vantaggiosa condizione di svolgere credibilmente, a livello internazionale, un ruolo di mediazione indipendente, estraneo al concerto delle potenze. In tempi più recenti, la massiccia immigrazione dalla Germania è segno che la sua stabilità e attrattività economica continuano a essere apprezzate e alimentate. Con il suo diritto del lavoro relativamente liberale è inoltre un modello di piena occupazione.

7 - Civismo 

La Svizzera presenta, e anche questo è un vantaggio, uno spiccato civismo. In particolare, al contrario della Germania, non ha dovuto attraversare le soverchianti catastrofi di due guerre mondiali o l’inflazione. Ancora oggi, è un esempio di misura, equilibrio e ponderatezza, sensatezza economica, oggettività e realismo. In Svizzera non esiste solo il segreto professionale di avvocati, sacerdoti e medici, il segreto postale e telegrafico, ma anche il segreto bancario, che esprime l’attenzione per la sfera privata del cittadino anche in relazione alla sua proprietà. La legittimazione e l’identità della Svizzera non si basano sulla percezione di sé come nazione linguistica, culturale o religiosa, bensì sul riconoscimento da parte della maggioranza della popolazione di uno dei fondamenti politici dello Stato: federalismo e democrazia del consenso, ordinamento economico liberale e indipendenza. Dunque, rispetto alla maggior parte dei paesi, la Svizzera offre maggiori garanzie sulla proprietà privata e l’autonomia, e prevede anche più opportunità di sperimentazione a livello comunale e cantonale. D’altra parte, solo in virtù di questa tradizione storico-politica e del pensiero equilibrato, la Confederazione svizzera può essere definita un’unità.

Conclusioni

La Svizzera non ha motivi per dimenticare le sue origini di unione di Stati, costituita allo scopo di preservare l’autonomia delle città affiliate e i liberi consorzi contadini. “Si associavano per difendere la loro diversità”, scrisse il filosofo di Neuchâtel Denis de Rougemont, “il fondamento della loro solidarietà non era il potere collettivo, bensì l’autonomia del singolo”. Herbert Lüthy, lo storico di Basilea, descrisse la Svizzera come “antitesi”: un’antitesi al pensiero in termini di collettività, concentrazione del potere, monocultura e omologazione.

La Svizzera deve conservare questa “antitesi”. Rappresenta il canone dei valori liberali: scetticismo nei confronti del potere e dello Stato, proprietà, civismo e fiducia nella produttività attraverso la diversificazione. Nella competizione socioeconomica tra le nazioni, questo è un grandissimo vantaggio. Il “modello svizzero” dell’autodeterminazione, dell’autoaiuto e dell’autoresponsabilità – ne è una prova il suo successo economico e politico – è anche una formula di benessere.

Tratto da Rischio Calcolato

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