Frédéric Bastiat | Sofismi Economici - Il furto a premio

Poiché l’occasione ci è stata così benignamente offerta, studiamo il furto a premio. 

Ciò che se ne può dire si può applicare altrettanto bene al furto a tariffa; e poiché questo è un po’ meglio mascherato, la truffa diretta aiuterà a comprendere la truffa indiretta. 

Lo spirito procede così dal semplice al complesso.


Ma non esiste qualche tipo di furto ancora più semplice? Certo che esiste: il furto sulla strada principale: manca solo che sia legalizzato, monopolizzato, o, come si dice oggi, organizzato.

Ora, ecco quello che leggo in un racconto di viaggi:

«Quando arrivammo al regno di A..., tutte le industrie si dicevano sofferenti. L’agricoltura gemeva, la fabbrica si doleva, il commercio mormorava, la marina brontolava, e il governo non sapeva chi stare a sentire. Dapprima ebbe l’idea di tassare per bene tutti gli scontenti, e di distribuire tra di loro il prodotto di queste tasse, dopo aver preso la propria parte: questo sarebbe stato come, nella nostra cara Spagna, la lotteria. Voi siete mille, lo Stato prende una piastra a ciascuno; poi sottilmente fa sparire di nascosto 250 piastre, e ne distribuisce 750, in lotti più o meno grandi, tra i giocatori. Il bravo Hidalgo che riceve tre quarti di piastra, dimenticando che ha dato una piastra intera, è fuori di sé per la gioia, e corre a spendere i suoi 15 reali all’osteria. Sarebbe stato pure come quello che succede in Francia. Comunque sia, per quanto barbaro fosse il paese, il governo non ebbe tanta fiducia nella stupidità dei suoi governati per fare accettare loro delle così singolari protezioni; ed ecco quello che immaginò: Il paese era percorso da molte strade. Il governo le fece esattamente chilometrare, poi disse all’agricoltore: «Tutto ciò che potrai rubare a chi passa fra questi due limiti è tuo: questo ti valga come premio, come protezione, come incoraggiamento».

In seguito, assegnò ad ogni industriale, ad ogni armatore, una porzione della strada da utilizzare, secondo questa formula:

Dono tibi et concedo
Virtutem et possantiam
Volandi,
Predandi,
Derobandi,
Truffandi,
Et scroccandi,
Impune per totam istam
Viam.

Ora, successe che i nativi del regno di A... si sono oggi così familiarizzati con questo ordinamento, così abituati a tener conto solo di ciò che rubano e non di ciò che viene rubato loro, sono così profondamente inclini a considerare la preda solo dal punto di vista del predatore, che considerano come un profitto nazionale la somma di tutti i furti particolari, e rifiutano di rinunciare ad un sistema di protezione al di fuori del quale, essi dicono, nessuna industria potrebbe sopravvivere.

Voi protestate? Non è possibile, dite, che tutto un popolo consenta a vedere un sovrappiù di ricchezze in ciò che gli abitanti si rubano a vicenda?

E perché no? Abbiamo in Francia questa stessa convinzione, e ogni giorno vi organizziamo e perfezioniamo il furto reciproco sotto il nome di premi e tariffe protettrici.

No, non esageriamo per niente: d’accordo, riguardo al modo di riscossione e alle circostanze collaterali, il sistema del regno di A... può esser peggiore del nostro; ma diciamo anche che, riguardo ai principi e agli effetti necessari, non vi è un atomo di differenza fra tutti questi tipi di furti legalmente organizzati per fornire profitti supplementari all’industria.

Notate anche che se il furto sulla strada principale presenta qualche inconveniente di realizzazione, ha però dei vantaggi che non si trovano nel furto a tariffa.

Per esempio: si può fare una ripartizione equa fra tutti i produttori. Non è così invece dei diritti doganali. Questi, per loro natura, non possono proteggere certe classi della società, come gli artigiani, i commercianti, gli uomini di lettere, quelli di legge, i militari, i proletari, etc., etc.

Vero è che il furto a premio si presta anche a suddivisioni infinite, e sotto questo aspetto non è meno imperfetto del furto sulla strada principale; ma d’altra parte conduce spesso a risultati così bizzarri, così sciocchi, che i nativi del regno di A... avrebbero ben ragione a deriderli.

Ciò che il derubato perde nel furto sulla strada maestra è guadagnato dal ladro. Ma l’oggetto rubato resta almeno nel paese. Sotto il regime del furto a premio invece ciò che l’imposta sottrae ai francesi è data spesso ai cinesi, agli ottentotti, ai cafri, agli algonquini; ed ecco come:

Una pezza di stoffa vale cento franchi a Bordeaux. È impossibile venderla al di sotto di questo prezzo senza perderci; impossibile venderla al di sopra di quel prezzo, la concorrenza fra i commercianti vi si oppone. In queste circostanze, se un francese si presenta per avere questa stoffa, deve pagarla cento franchi, o deve farne a meno. Ma se è un inglese, allora il governo interviene, e dice al commerciante: «Vendi la tua stoffa, io ti farò dare venti franchi dai contribuenti». Il mercante, che non vuole né può ottenere che cento franchi dalla sua stoffa, lo dà all’inglese per 80 franchi. Questa somma, aggiunta ai 20 franchi, prodotto del furto a premio, fa tornare giusto il suo conto. È esattamente come se i contribuenti avessero dato 20 franchi all’inglese, sotto la condizione di poter comprare stoffa francese con 20 franchi di sconto su quello che costa a noi stessi. Dunque il furto a premio ha questo di singolare, che i derubati sono nel paese che lo sopporta, e i derubanti sulla superficie del globo.

È veramente miracoloso che si persista a considerare per dimostrata questa proposizione: Tutto ciò che l’individuo ruba alla massa è un guadagno generale. Il moto perpetuo, la pietra filosofale, la quadratura del cerchio sono caduti in oblio, ma la teoria del Progresso col furto è ancora in grande onore. A priori si sarebbe potuto credere che di tutte le puerilità questa fosse la meno vitale.

C’è chi ci dice: «Voi siete dunque i partigiani del laissez passer? Economisti della vecchia scuola di Smith e di Say, non volete dunque l’organizzazione del lavoro?» Eh! Signori, organizzate il lavoro come vi pare, ma noi controlleremo che non siate voi ad organizzare il furto.

E molti altri ci ripetono: «Premi, tariffe, tutto ciò ha potuto essere esagerato. Bisogna usarne senza abusarne. Una saggia libertà, combinata con una protezione moderata, ecco ciò che reclamano gli uomini seri e pratici: guardiamoci dai principi assoluti».

Questo è precisamente ciò che, secondo il viaggiatore spagnolo, veniva detto nel regno di A..: «Il furto sulla strada principale, dicevano i saggi, non è né buono né cattivo: dipende dalle circostanze. Si tratta solo di ponderare bene le cose, e di pagar bene noi ufficiali, per quest’opera di ponderazione. Forse si è lasciato troppo spazio alla rapina; forse non abbastanza. Vediamo, esaminiamo, bilanciamo i conti di ogni lavoratore. A quelli che non guadagnano abbastanza noi daremo un poco più di strada da utilizzare. Per quelli che guadagnano troppo ridurremo le ore, i giorni, o mesi di rapina».

Coloro che parlavano così, acquistarono una grande fama di moderazione, di prudenza, e di saggezza. Essi non mancavano mai di giungere alle più alte cariche dello Stato.

Quanto a quelli che dicevano: «Eliminiamo le ingiustizie e le frazioni d’ingiustizia; non tolleriamo il furto, né il mezzo-furto, e nemmeno il quarto di furto», costoro passavano per ideologi, sognatori noiosi che ripetevano sempre la stessa cosa. Il popolo, del resto, trovava i loro ragionamenti troppo alla sua portata. Come si può credere vero ciò che è così semplice?

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