Gemona: cuore del Friuli fino all'Estremo Oriente. - Parte II

Gisulfo, Romilda e gli Avari

Nel giorno dell’epifania, il corteo medievale che attraversa la cittadina si dirige verso il duomo, accompagnato dal Sindaco, per assistere alla celebrazione della cosiddetta “Messa del Tallero”. Perché questo nome? Che cosa c’entra il Tallero? Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro nel tempo, in epoca longobarda, quando a dominare Gemona e tutto il Friuli vi era il Duca Gisulfo (primo Duca del Friuli).

Siamo alla fine del VI Secolo D.C. e le orde barbariche provenienti dalla Pannonia stanno devastando il Friuli con i loro attacchi. Le guerre sono feroci e cruente, ma il castello di Gemona si rivela essere una roccaforte inespugnabile per lungo tempo. Tuttavia, Gisulfo è costretto a capitolare di fronte alle truppe degli Avari e decide pertanto, con un’azione di dubbio gusto, di abbandonare il feudo friulano alla moglie Romilda, la quale decise saggiamente di riparare a Cividale. Da qui in poi le informazioni si confondono tra storia e leggenda, ed è forse proprio per questo che diventano ancora più interessanti!

Il potente Re degli Avari dispone l’assedio di Cividale e Romilda, ormai in trappola, tenta un’azione tanto coraggiosa quanto ingenua: ammaliata (si dice) dalla bellezza del re avaro, ordina di lasciare libero accesso alle sue truppe in Cividale, in cambio di un matrimonio. Il re sposa Romilda, e dopo alcuni giorni di matrimonio ordina il saccheggio di Cividale e la deportazione di tutti i suoi abitanti. Evidentemente all’avaro interessava soltanto la luna di miele, tant’è vero che consegnò Romilda e le figlie (di lei) ai propri soldati.

Romilda, però, ha dimostrato di avere alti e bassi tra furbizia ed ingenuità, e decide in questo frangente di cospargere il proprio corpo e quello della prole di carne putrefatta. L’insostenibile tanfo che le donne emanavano impedì loro di essere violentate dai soldati, e furono così vendute come schiave (chissà se poi si pentirono di questa scelta).

La popolazione friulana, oramai stanca delle scorrerie di soldataglie provenienti da mezza Europa, decise coraggiosamente e orgogliosamente di difendersi da sola formando reparti di difesa composti da cittadini pronti a tutto per la propria città, sia militari sia civili. Gemona fu uno dei maggiori esempi di questa scelta politica territoriale. Successivamente a questo periodo buio e colmo di violenze, i presidi dei cittadini accettarono di sottomettersi al potere del Patriarcato, guadagnandone la preziosissima protezione. La cerimonia che ufficializzò questo “patto di sottomissione” si ebbe il giorno dell’Epifania, durante la celebrazione della messa, in cui i comandanti locali si sottomisero al Patriarca consegnandogli un tributo. Da allora, in memoria dell’antico patto tra cittadini e clero, il Sindaco di Gemona consegna un Tallero d’argento, come segno di protezione e di omaggio.

Evoluzione storica e politica

Gemona si è sviluppata nei secoli in una zona di estrema rilevanza strategica essendo luogo di passaggio per alcune tra le rotte commerciali più importanti del Friuli. A dimostrazione di ciò ci sono gli importanti edifici che hanno contraddistinto la città. Il primo di importanza storica fu il municipium edificato dagli antichi Romani, luogo in cui la civitas romana progettava la costituzione territoriale trasformando di fatto Gemona in un centro politico di una certa importanza.

In seguito, in epoca medievale, fu eretto il già nominato castello, a cui Gemona deve il merito per essere stata menzionata nell’Historia Langobardorum, di Paolo Diacono. Il castello era infatti considerato nel 600 una delle roccaforti più importanti del Friuli ed ospitava una guarnigione adibita a bloccare l’avanzata degli Avari. Circa cinquecento anni dopo, Gemona ottenne il grado di “libera comunità”, godendo pertanto di propri statuti e di una politica territoriale indipendente.


Come abbiamo già detto, Gemona divenne in seguito un protettorato del Patriarcato di Aquileia, che investiva i suoi denari sulla città in quanto ormai diventata importante centro commerciale, artigianale e finanziario. L’interesse del Patriarcato era talmente grande che il Patriarca Niederlech promulgò un editto che permise a Gemona di ottenere il “diritto di scaricamento”, riferito agli scambi mercantili e al ricambio di cavalli per i viaggiatori, facendo ottenere alla città ulteriore ricchezza grazie alla costruzione di alberghi e stalle.

Gemona era oramai diventata una tappa fondamentale per tutti coloro che provenivano dai porti di Venezia e di Trieste e che erano diretti verso la Carinzia o altre zone dell’Europa centrorientale. Una cittadina di tale importanza (e così redditizia) non poteva certamente passare inosservata agli attenti occhi della Repubblica di Venezia, che dal 1420 in poi ne fece un suo dominio…

Fine della seconda parte. Contnua...

Saluti
Vidocq

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