L'assassinio silenzioso del mobbing

Non dico che si tratti di omicidio volontario (con le dovute ipotetiche implicazioni penali del caso), ma poco ci manca quando fosse provata l’intenzione di provocare volontariamente lesioni più o meno gravi alla sfera relazionale e alla vita stessa in generale di una persona che venga presa di mira da attacchi sconsiderati di mobbing fatti di vessazioni varie e da atteggiamenti più o meno delittuosi che attentano ai diritti fondamentali sanciti nella Costituzione e nel Codice Civile e Penale. 

E’ a tutti risaputo infatti che una persona, oltre che da atti violenti e omicidiari nel vero senso del termine, può essere colpita e moralmente “uccisa” più o meno gravemente anche da comportamenti del nostro prossimo, apparentemente silenziosi e anodini, che siano tali da indebolirne la serenità e vitalità, con conseguenze parimenti dolorosissime che peraltro vengono a coinvolgerne anche la sfera socio-familiare, comportando ciò un allargamento alla società in generale del danno patito dalla vittima, circostanza naturalmente aggravante che dovrà essere tenuta nel dovuto conto quando finalmente entrerà in vigore una Legge ad hoc, anche se da tempo esiste la possibilità di ricorrere ai Codici facendo riferimento a determinati articoli di Legge che nel caso del mobbing vengono palesemente infranti.

Attenzione quindi per tutti coloro che non ne fossero a conoscenza: il mobbing, pur non essendo un vero e proprio assassinio comune come ne accadono tantissimi nella cronaca nera, è pur sempre un atteggiamento il cui fine è appunto quello di colpire senza pietà, togliere di mezzo chi non ci piace, e questo “togliere di mezzo”, per quanto metaforico possa risultare ed essere interpretato, è proprio ciò che fa di questo metodo subdolo e barbaro un “assassinio silenzioso”.

Saluti
Vipom

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