Relazioni pubbliche: Sono iscritta a una facoltà inutile perché desidero fare un lavoro altrettanto inutile.

Essendo iscritta a diverse pagine utili agli studenti che frequentano Uniud, spesso mi capita di ritrovarmi la bacheca Facebook zeppa di informazioni universitarie. Stamattina la mia attenzione è stata catturata dal post di un ragazzo, studente di giurisprudenza, che chiedeva disperatamente aiuto a chiunque lo potesse aiutare nella ricerca di un impiego che gli sarebbe servito a pagare le tasse universitarie,dato che si trova nel nostro paese senza il supporto economico dei suoi familiari. Allora mi sono messa a pensare a quanta gente si iscrive all’Università perché “non ha voglia di andare a lavorare” o di quanti studenti sento dire “questo esame lo darò; per questo non mi sento pronto/a,mi ritiro; mi laureerò un giorno,nel duemilaecredici” e così via. Insomma, l’italiano medio, incluso il giovane, si lamenta perché non trova un impiego, ma allo stesso tempo è lui stesso l’artefice della sua situazione. 

Poi,invece, c’è chi come questo ragazzo vorrebbe fare molto, ma non ne ha i mezzi. Io, che a parere di molti sono iscritta a una facoltà inutile perché desidero fare un lavoro altrettanto inutile che mi frutterà uno stipendio “da fame” , almeno non pratico lo sport del “mi lamento perché lamentarsi è meno faticoso del darsi da fare” e cerco di trarre beneficio da tutte le esperienze che sto facendo e che mi troverò ad affrontare in futuro.

Finché l’ambizione massima dell’italiano medio sarà giochicchiare con il pollice sulla tastiera dello smartphone per compiangere la propria situazione e inveire contro la politica del paese che offre scarse possibilità di lavoro per la gioventù , la strada verso la realizzazione personale sarà a senso unico, con un dirupo finale. 

Sicuramente è molto più semplice lamentarsi passivamente.

Saluti
Guest Post di Sonia Calligaro

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